Attesa

Il tempo dell’attesa

4 Incontro 7

Il quarto incontro delle Famiglie Adottive, domenica 9 marzo, è sembrato inizialmente partire a stento, il  numero ridotto a causa di influenze ed impegni dell’ultimo momento. Ci siamo ritrovati in sette famiglie, anche se non tutte al completo. I bambini presenti sono stati pochi, ma sono comunque riusciti a mettere a dura prova le due baby sitter invitate espressamente per loro. Il tema dell’incontro era centrato sul “tempo dell’attesa”, anche perché sapevamo che ci sarebbero state delle coppie che hanno non da molto iniziato l’iter per il riconoscimento di idoneità e sono nella fase di cominciare a guardarsi attorno alla ricerca di un ente riconosciuto per l’adozione internazionale. Tempo dell’attesa dunque, quando il figlio o la figlia è ancora un sogno che si vorrebbe poter realizzare subito, sogno lungamente accarezzato e ora in procinto di accadere, anche se non si sa quando questo possa davvero avvenire. Questa attesa diventa allora lancinante. Le difficoltà burocratiche e gli imprevisti del percorso fanno passare momenti disperanti. E’ un tempo però che non va visto come un tempo vuoto, un tempo di cui poi non si serberà traccia una volta avuto il figlio o la figlia tanto attesi. Il tempo dell’attesa è un tempo pieno d’amore, da vivere come tale e da ritornare poi al bambino allorché sarà capace di poterlo capire. Qualcuno, pensando a questo, lo ha vissuto scrivendo un diario che potrebbe essere utile poi.

4 Incontro 4

L’attesa è qualcosa che accomuna le coppie adottive alle coppie che attendono un figlio biologicamente proprio; con qualche differenza, come un tempo più lungo, l’indifferenza della gente che ti sta intorno, la mancanza di ‘ecografie’ possibili. Ma un’attesa che può diventare emblematica di una maternità e di una paternità più autentica anche di quella naturale stessa, in quanto il bambino o la bambina che verrà è un’altra persona con una sua storia peculiare non solo precedente (nel caso dell’adozione), ma anche seguente (sia per l’adottato che per il figlio naturale), ‘alterità’ che spesso il padre e la madre naturali tendono a misconoscere proprio a motivo della propria ‘carne’. Il tempo dell’attesa dunque deve preparare i genitori (sia quelli adottivi che quelli naturali) ad una meraviglia da vivere poi ogni giorno davanti ad un dono che viene da fuori, che diventa tuo, carne della tua carne, ma che poi tornerà, nella sua ‘adultità’, ad essere altro, parte di te che vola via da te verso la sua indipendenza e la sua storia diversa dalla tua. Queste, e molte altre, sono state le riflessioni che sono emerse pian piano nel corso dell’incontro, mentre ognuno con naturalezza, e senza forzature, trovava il suo tempo per la propria testimonianza sul modo personale di vivere o di aver vissuto l’attesa.

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La fame dei piccoli, che reclamavano la cena, e l’ora che cominciava a farsi tarda, ci ha costretti a rimandare alla prossima occasione la ripresa di questo interessante confronto comune che ha avuto anche altre valenze, soprattutto per le coppie all’inizio del percorso adottivo, che hanno potuto cominciare a far tesoro delle esperienze degli altri. Siamo quindi passati alla condivisione delle varie ‘leccornie’ preparate dalle mamme per una cena condivisa.

Il prossimo appuntamento è stato fissato
per DOMENICA 11 MAGGIO 2014,
magari con la scelta di un luogo all’aperto, per la gioia dei bambini, visto che saremo in un tempo di primavera inoltrata.

 

L’incontro è terminato con questa splendida pagina su chi adotta chi,
presa dal libro “Parlami d’amore” di Michel Quoist

Ascoltami ancora 

“Ascoltatemi ancora,
si dice infatti che dalla bocca dei bambini viene la verità:
se sono un bambino, sfuggito dal carnaio notturno,
trattenuto da un filo d’amore lanciato da chissà dove.
Se sono un bambino caduto dal nido, abbandonato da padre e madre,
rapiti o mortalmente feriti alle sbarre della loro gabbia.
Se sono un bambino nudo, senza panni d’amore, o con panni imprestati,
ma col diritto di vivere, perché sono vivo.
E se nello stesso istante persone innamorate piangono
davanti a una culla vuota,
consumandosi nel desiderio di accarezzare un bambino.
Se sono ricchi d’amore che ritengono sprecato,
e vogliono gratuitamente donarlo,
perché cresca e fiorisca ciò che non hanno piantato.
Allora voglio che vengano silenziosamente a chiedermi
se io desidero adottarli come miei genitori del cuore.
Ma non voglio dei fanatici del bambino, come collezionisti d’arte
che cercano febbrilmente il pezzo raro che manca alla loro vetrina.
Non voglio clienti che hanno fatto l’ordinazione e, pagata la fattura,
reclamano il loro bebè prefabbricato.
Perché non sono fatto per salvare genitori dalle membra amputate,
ma loro sono stati fatti, misterioso percorso, magnifico progetto,
per salvare dei bambini dal cuore malato, forse anche condannato.
E sarà come addormentarci l’un l’altro.
Io berrò il latte di cui ignoravo il sapore,
ascolterò musiche sconosciute, imparerò nuove canzoni
sulle vostre dita, sulle vostre labbra genitori adottati,
decifrerò lentamente l’alfabeto della tenerezza.
E l’amore sconosciuto per me prenderà volto
alla luce dei vostri occhi.
Voi innesterete le vostre vite sulla mia crescita selvatica
e grazie a voi io rinascerò una seconda volta.
Così sarò ricco di quattro genitori,
due lo saranno della mia carne e due del mio cuore e della mia carne cresciuta.
Voi non giudicherete i miei genitori sconosciuti,
li ringrazierete e mi aiuterete a rispettarli.
Perché dovrò riuscire lo so, ad amarli nell’ombra,
se un giorno vorrò poterli amare nella luce.
E se in una sera di tempesta, adolescente focoso, impacciato di me stesso,
io vi rimprovererò di avermi accolto,
non vi addolorate, ma amatemi ancor di più:
lo sapete, perché un innesto prenda ci vuole una ferita e,
chiusa la ferita, rimane la cicatrice.

Ma io sogno.
Io sogno perché non sono che un bambino in viaggio,
lontano dalla terra ferma,
la mia parola è muta e il mio canto senza musica.
Ciò che vi dico piano non potrò dirlo ad alta voce, se non il giorno
in cui, avendomi voi adottato,
mi avrete messo in cuore tanto amore e autentica libertà,
sulle mie labbra parole sufficienti,
perché possa dire: papà, mamma, io vi scelgo e vi adotto
allora saprete che il vostro amore è dono, e che è riuscito”

( Michel Quoist – dal testo “Parlami d’amore” )

 

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