Carlo Carretto

A Spello, il seme della fraternità universale[1] 

Il 4 ottobre 2008 saranno passati venti anni esatti dalla scomparsa di fratel Carlo Carretto, senza dubbio una delle figure più significative del panorama ecclesiale e culturale italiano del dopo guerra. Non è stato un ‘caso’ che la sua avventura umana si sia conclusa la notte del 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, il santo di cui era innamorato e che sentiva talmente suo da scriverne una splendida biografia dal titolo emblematico: Io Francesco. Egli amava ripetere spesso che il ‘caso’ non esiste. Carlo era nato ad Alessandria il 2 aprile del 1910, da una numerosa e povera famiglia contadina costretta ad emigrare ben presto nella cintura torinese. Nella Torino delle grandi contraddizioni sociali ma anche delle grandi opportunità umane, Carlo Carretto cresce a contatto con un ‘oratorio salesiano’, dove riceverà una solida formazione umana e cristiana che ne farà ben presto un leader giovanile dell’Azione Cattolica, unica aggregazione indipendente cui era permesso ‘sopravvivere’ in quegli anni, dal regime fascista. Maestro elementare a 18 anni, consegue contemporaneamente la laurea in Storia e in Filosofia e nel 1940 vince un concorso per Direttore Didattico. E’ però già inviso al regime, e viene mandato in questa veste dapprima in uno sperduto paesino della Sardegna e poi cacciato anche da qui con l’accusa di attività antifascista, messo al confine ed infine rimandato in Piemonte.

Appena terminata la guerra, nel 1945 viene chiamato a Roma a dirigere l’Associazione dei Maestri Cattolici e l’anno successivo, nel 1946 diventa presidente nazionale dell’Azione Cattolica Giovani. Ritrovatosi doti di grande organizzatore, per la celebrazione dell’80mo anniversario della fondazione dell’Azione Cattolica porta a Roma oltre 300.000 giovani, i cosiddetti “baschi verdi”, il primo raduno di massa stile “papa boys”. Testimonianza della sua attività di questo periodo all’interno del mondo giovanile, è il suo primo libro: Famiglia Piccola Chiesa nel quale anticipa di quasi venti anni alcuni temi che saranno del Concilio Vaticano II. Quelli erano anche anni di grandi fermenti all’interno del mondo cattolico per quanto riguarda il rapporto con la politica: era nata la grande balena bianca, la Democrazia Cristiana, al cui interno si ritrovavano le diverse anime del cattolicesimo politico. Vista la grande capacità organizzativa di Carlo Carretto, ai vertici della Chiesa ci furono pressioni affinché mettesse queste sue doti da grande leader sull’agone politico. Ma la vocazione del giovane attivista piemontese era un’altra e soprattutto gli era invisa la tendenza di larga parte del mondo politico cattolico di allora di guardare verso la Destra. Sarebbe potuto diventare uno dei notabili DC dei successivi cinquant’anni; scelse una strada completamente diversa: quella del deserto. Abbandonò tutto e si fece ‘piccolo fratello’[2]. Trascorse ben dieci anni nel deserto dell’Algeria sulle orme di fratel Charles De Foucauld, vissuto e morto da solo, nel 1916, tra le popolazioni Tuareg di fede islamica, per testimoniare nella semplicità della vita condivisa con i poveri, la fraternità universale di un vangelo vissuto intensamente nel silenzio, nel lavoro, nella preghiera e nella sottomissione a tutti, sull’esempio di Gesù durante la sua vita nascosta di Nazareth.

Carretto, “uomo di azione”, diventa, in questi dieci anni di deserto, “maestro di contemplazione”; il libro che pubblicherà alla fine di questa ‘traversata spirituale’, nel 1964, Lettere dal deserto, divenne subito un best seller e resterà una pietra miliare nella storia della spiritualità cristiana del XX secolo. In esso fratel Carlo racconta la sua esperienza di fede, esperienza che lo porta ad affermare con passione che Dio è per lui una evidenza, l’acqua stessa in cui il pesce nuota, l’aria che il vivente respira. Una fede che fa un tutt’uno con la pasta stessa della vita e della storia, che dona una certezza assoluta nella presenza di Dio nelle piccole cose di ogni giorno, una fede sostanziata dall’amore per tutte le creature e non dalle strutture religiose. Tornato in Italia, fratel Carlo sceglie un vecchio convento francescano abbandonato nei pressi del cimitero di Spello, il San Girolamo, e qui si dedica all’accoglienza e alla contemplazione, nella consapevolezza che occorre riscoprire Il deserto nella città (titolo di un altro suo libro successivo). Nasce a metà degli anni sessanta “la fraternità di Spello” e in pochi anni essa diventa un centro dove migliaia di giovani e meno giovani saranno accolti e potranno trovare uno spazio dove condurre la propria ricerca spirituale senza essere giudicati e in grande libertà interiore; invitati al silenzio e alla contemplazione. Anno dopo anno, fratel Carlo si impose come uno dei riferimenti essenziali in Italia e nel mondo (i suoi libri vengono tradotti nelle principali lingue), per una ricerca religiosa e mistica estremamente aperta, ecumenica, davvero evangelica. La fraternità di Spello, dalla fine degli anni sessanta fino alla fine degli anni ottanta, è stata un crocevia di ricerca spirituale ed umana di cui oggi sarebbe impossibile tracciare le coordinate; un luogo di incontro fra generazioni, fra credenti e non credenti, fra uomini e donne, fra l’uomo e Dio. Un luogo dove le parole d’ordine erano: lavoro, silenzio, preghiera, fraternità, accoglienza; e queste, offerte con semplicità, senza ‘strutture religiose’ o ‘mura di cinta’, da vivere sparsi negli eremi immersi negli uliveti del Subasio, divenuto quasi una novella Tebaide[3].

Sono stato guidato a Spello dal libro che Carlo aveva pubblicato all’inizio del 1983, Ho cercato e ho trovato, libro che mi entusiasmò subito e mi costrinse a ‘cercare’ e a ‘trovare’ chi lo avesse scritto. In esso fratel Carlo raccontava ancora una volta la sua ‘esperienza’ di Dio[4], e incoraggiava alla fede: “Non chiedetevi più se credete o non credete in Dio, chiedetevi se amate o non amate. E se amate, non pensate ad altro, amate. E amate sempre di più fino alla follia, quella vera e che porta alla beatitudine: la follia della Croce, che è cosciente dono di sé e che possiede la più esplosiva forza di liberazione per l’uomo”. Ciò che conta è amare, sarà infatti il titolo di un altro suo libro di successo. Carretto è autore di molti libri di spiritualità, libri che nascevano dalle sue meditazioni, dalla sua preghiera, dal suo silenzio e dai suoi incontri. In genere in ogni nuovo libro condensava la riflessione dell’intero anno precedente, portata avanti con tutte le persone che venivano a condividere con lui la vita di fraternità. Nell’anno in cui sono stato presente, il filo che guidava tutto era la sofferenza ed essa nasceva immediatamente dalla sua situazione fisica, si sentiva vecchio e malato, per raggiungere nella preghiera e nella meditazione la situazione del mondo, il cuore di Dio e il grido di Giobbe. Diceva spesso: questo libro lo scriverò sulla carta o nella mia carne. Lo scrisse sulla carta e l’anno successivo pubblicò Perché Signore? Il dolore: segreto nascosto nei secoli. In esso c’erano anche le nostre fatiche e le nostre domande. Sono così nati alla stessa maniera, oltre ai testi già citati, anche altri volumetti di successo come Innamorato di Dio, L’utopia che ha il potere di salvarti, Al di là delle cose, Beata Te che hai creduto, e altri.

Sono vissuto in fraternità a Spello dal settembre 1983 al maggio 1984. La Fraternità del S. Girolamo era in quegli anni un porto di mare. L’accoglienza estiva era costituita soprattutto da tanti gruppi organizzati provenienti dalle parrocchie, che venivano per vivere la classica ‘settimana’, con le sue belle liturgie animate dalle meditazioni di fratel Carlo, dalle lezioni bibliche di Giuseppe Florio e dai canti al pozzo di Pierangelo Comi. Fare accoglienza nei mesi autunnali, invernali e primaverili significava invece una cosa diversa. Venivano persone che si fermavano per periodi lunghi, persone al di fuori del contesto lavorativo normale o che si erano posti momentaneamente fuori degli schemi; persone in ricerca che si erano date un tempo per riflettere e magari per ricominciare. Un tempo ‘sabbatico’, come il ‘settimo anno’ dell’antico popolo ebraico, nel quale anche la terra doveva riposare e l’uomo doveva vivere di quello che la terra spontaneamente donava a tutti indistintamente. Ho vissuto Spello principalmente come “incontro”: un incontro con Dio oltre la legge, fuori delle mura, ma per questo più intimo e vero; e un incontro con tante persone che, pur nella loro casualità, sono diventate significative, con le quali ho costruito un rapporto di amicizia forte, duraturo; oppure che sono rimaste impresse nella mia memoria in maniera indelebile.

Torno a Spello quasi ogni anno, come una sorta di pellegrinaggio personale. Mi reco al San Girolamo, ora di nuovo semplicemente “il cimitero di Spello” dopo il terremoto del 1997, quando a causa delle lesioni al convento, ha avuto termine anche ciò che era rimasto in vita di tutto il movimento dei decenni precedenti. Che cosa cerco dunque oggi in quel luogo, un tempo ricco di spiritualità e di presenze, ma ora di nuovo ‘deserto’? Nel piccolo orto adiacente alla cappellina e antistante al cimitero cittadino, dove eravamo soliti coltivare ortaggi da usare in cucina, riposano ora due ‘piccoli fratelli’: fratel Carlo e fartel Ermete, gli unici rimasti. Ma grazie a loro, la Fraternità è ancora lì, nella forma del seme che caduto in terra, muore ma porta molto frutto, come dice il Vangelo.

Oggi certamente ci sono tanti altri punti di riferimento per i giovani (ma ci sono davvero?), eppure quando guardo i miei figli, penso con tristezza che sono meno fortunati di me; sento la mancanza per i giovani di oggi di un luogo come la Spello che fu. Per questo sentivo che il ricordo di Carlo, nel ventesimo del suo passaggio al Padre, non poteva restare nel silenzio. [5]

[1] A Spello il seme della fraternità universale. Omaggio a fratel Carlo Carretto a 20 anni della sua scomparsa. In “Il salotto degli autori”, Estate 2008 (Anno VI, N.23) pp. 21-22

[2] I ‘piccoli fratelli’ costituiscono una sorta di network di fraternità religiose iniziate da René Voillaume, su ispirazione e in base alle regole per fraternità scritte dallo stesso Charles de Foucauld, che invece visse e morì da solo pur sognando queste fraternità.

[3] Gli ‘eremi’ di Spello erano case coloniche abbandonate che Carlo Carretto aveva chiesto ed ottenuto in uso dai proprietari per utilizzarle come spazi di accoglienza e di preghiera per le persone che intendevano trascorrere un tempo accanto alla sua fraternità. All’inizio degli anni ottanta erano circa trenta.  Oggi solo uno di questi eremi funziona ancora, il Beni Abbes, dove vivono tutt’ora alcuni ‘piccoli fratelli’. La ‘Tebaide’ era la regione dell’antico Egitto dove sorsero le prime forme eremitiche di monachesimo cristiano.

[4] Il titolo riprendeva, per rovesciarlo, quello di un altro libro sulla fede scritto dal famoso giornalista non credente che si firmava Ricciardetto sul Corriere della Sera e che aveva appunto intitolato: “Quesiti et non inveni”, ‘ho cercato e non ho trovato’.

[5] Dal 5 febbraio 2009 il convento del San Girolamo, restaurato dopo il terremoto del 1997, è stato dato dal Comune di Spello all’Azione Cattolica Nazionale che, in memoria di Carlo Carretto, ne ha fatto una casa di spiritualità definendolo “Il polmone spirituale dell’AC”.  Vedi il sito della Casa San Girolamo di Spello http://www2.azionecattolica.it/spello

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