Dalla parte degli Indios

Dalla parte degli Indios nell’Amazzonia peruviana[1]

Ci sono tornanti nella vita in cui una notizia può diventare un appello pressante all’azione, una chiamata generale alle armi, anche per un pacifista che le armi non le ha mai volute toccare! Così è stato per me in questa stentata primavera del 2010. Più che una notizia è stato lo slogan che veicolava la notizia: “Salviamo il pianeta aiutando padre Mario Bartolini”! La notizia era che nella 40° giornata dedicata alla terra, The Earth Day, in un improbabile paese dell’Appennino centrale, a  ridosso del Monte Vettore, Roccafluvione, era stata organizzata una fiaccolata, con questo slogan, a sostegno della lotta che nella foresta amazzonica peruviana, un figlio di questa terra, un  tignoso montanaro nostrano, stava conducendo a favore degli indios e contro una potente multinazionale, novello David contro Golia. Un missionario inerme, accusato di essere un terrorista e un comunista per il solo fatto di mettersi dalla parte degli indios, gli ultimi della terra, con i quali vive da oltre trenta anni, contro un governo sudamericano ed una potente multinazionale del biocarburante: viene da sorridere per questo romanticismo d’antan! Ma nella confusione dei tempi, nel logoramento di ogni valore, nella debolezza di ogni pensiero e nell’incertezza di ogni futuro, la lotta di Padre Mario Bartolini e dei suoi indigeni della foresta peruviana contro la Romero Group e lo strapotere della corruzione politica del suo paese, appare come una stella cometa che ancora può indicare un cammino, una direzione e un senso per tutti.

P. Mario Bartolini è un missionario dell’ordine dei Padri Passionisti, nato a Valcinante di Roccafluvione (AP) nel 1938. Ordinato prete nel 1965, nell’aprile del 1968 partì per una prima destinazione missionaria: l’Indonesia, nel Borneo, ove rimase per circa un decennio. Nel 1978 attraversò il Pacifico e raggiunse la foresta del Perù per mettersi alle dipendenze del Vicariato Apostolico di Yurimaguas, missione tenuta dai Padri Passionisti della Provincia del Sacro Cuore di Bilbao (Spagna). Attualmente, all’età di 71 anni, padre Mario si trova ancora lì, nella stessa zona di Yurimaguas, dove sta difendendo i diritti delle comunità indigene di quel territorio. Si tratta di popolazioni che vivono da sempre nella foresta. Alcune multinazionali vorrebbero sottrarre agli indios la terra, cioè l’unica risorsa e bene che hanno. In particolare la Romero Group, con la complicità del governo, intende trasformare una immensa porzione di foresta in piantagioni per il biocarburante o per altre forme di sfruttamento del territorio, senza alcun riguardo per le popolazioni che da millenni abitano, vivono e custodiscono per il mondo intero questa foresta.

Lo scorso anno, il 5 giugno 2009, in una regione attigua, a Bagua per le stesse motivazioni l’esercito peruviano, per difendere i “diritti” delle multinazionali non esitò a sparare su una manifestazione di indigeni, che difendevano le loro terre, facendo qualche decina di morti, secondo la versione ufficiale, centinaia secondo le fonti indigene. Anche a Yurimaguas, il territorio dove vive p. Mario Bartolini, le organizzazioni indigene stanno prendendo coscienza dei loro diritti e lottano per ottenerne il rispetto, ma qui il capo ‘terrorista’ sembra essere lo stesso missionario, secondo le informazioni tendenziose fatte circolare ad arte dalla multinazionale e dai suoi prezzolati e corrotti sostenitori. E questo perché la radio della sua parrocchia di Barranquita, in tutti questi anni ha continuato ad essere la voce degli indios e degli oppressi, al punto da aver subito anche diversi attentati che hanno cercato, invano, di metterla a tacere. Ma con grande sforzo, dopo diversi mesi, era sempre tornata a farsi portavoce degli ultimi, contro i potenti. In questi ultimi anni, Padre Mario ha già subito diversi processi, ai quali è stato sino ad ora sempre assolto, anche grazie all’appoggio del suo vescovo e di altre autorità cattoliche vicine alla sua lotta. La chiesa peruviana a livello popolare infatti è vicina  ai poveri, forse “l’unica forza che si sta opponendo alla menzogna e alla corruzione” come ha detto una volta lo stesso missionario, che però preferisce un secco “no comment” sui livelli più alti della chiesa peruviana. Il missionario rischia il carcere, l’espulsione e la stessa vita. Due anni fa una persona aveva già tentato di ucciderlo, ma avendo mancato la prima occasione, si è pentito e ha rivelato il progetto criminale per cui era stato pagato.

L’accusa che gli viene rivolta è sempre la stessa: agitatore sociale, attività antigovernativa, terrorismo, e sempre per la stessa motivazione: essere a fianco degli indios per difendere la loro terra. Per la Pasqua2010 ha scritto alla sua parrocchia di Roccafluvione una lettera accorata dove mette in guardia davanti ad una possibile notizia della sua uccisione. In realtà quando risulterà chiaro che tutta la strategia di intimidazione che sta dietro a questi diversi processi, non otterrà l’effetto desiderato, quello cioè di cacciare il missionario dal territorio e lasciare le organizzazioni indigene senza alcun appoggio, allora la tentazione di liberarsene con metodi più spicci, provocando un qualsiasi “incidente” al missionario, sarà molto alta.  Padre Mario infatti è assolutamente determinato a portare avanti la sua lotta in favore degli indios senza sconti. Qualche tempo fa ebbe a dichiarare in una intervista con la coordinatrice della radio nazionale: “Se vogliono ammazzarmi che mi ammazzino. Io ho detto sempre che un curato è la cosa più facile da ammazzare. Non ho chiesto mai garanzie per la mia vita e neanche in questa occasione lo faccio”. Nella lettera già ricordata così scrive io missionario: “Non vi dovete sorprendere se un giorno leggerete la notizia: ‘è stato ucciso’. Qua, l’eliminazione diretta ed impune di quelli che il Governo ed i gruppi di potere economico ritengono ‘oppositori’ è una pratica comune e quasi legalizzata”. Nel 2007 p. Mario aveva già indirizzato un’altra lettera drammatica nella quale diceva: “Sono preoccupato per la situazione di conflitto sociale nella quale si vive. Ho fatto mia la causa dei contadini, ai quali il Governo, con la complicità di alcuni Consorzi nazionali ed internazionali, con una legge fatta per questo scopo, intende togliere loro la terra che hanno posseduto da sempre. Non si vuole uno sviluppo sociale, umano, sostenibile e rispettoso dell’ambiente, ma si sta riducendo la nostra gente a schiavi con un salario da fame e si consegue questo sviluppo sfruttando il nostro popolo nella lavorazione delle risorse naturali per poi esportarle.

Sono stato denunciato penalmente insieme ad altre dieci persone, accusato di aver commesso un delitto che non esiste. La corruzione è un cancro sociale, la giustizia è al servizi dei potenti. L’unico delitto che abbiamo commesso è l’aver difeso il diritto della nostra gente alla terra: nel Perù oggi  questo rappresenta un delitto e si è accusati di essere agitatori sociali e terroristi.

Il delitto che abbiamo commesso è di aver lavorato per cambiare la cultura dello schiavo con la cultura della persona libera, capace di orientare e programmare il proprio futuro. Ancora una volta dovrò presentarmi a giudizio fra pochi giorni. Calunnie, insulti, diffamazione, denunce sono state all’ordine del giorno e non sono mancate minacce di morte ma ciononostante sono convinto che il Signore sarà il liberatore del suo popolo”.

La purezza di questa lotta è una luce che non possiamo permetterci di sprecare. Ritengo necessario creare una sinergia fra diverse realtà sensibili alla lotta di padre Mario Bartolini; non possiamo permetterci di lasciare il missionario a combattere da solo. Si tratta di un cittadino italiano che sta portando alto il valore della solidarietà, del rispetto dei diritti umani, della protezione dell’ecosistema da chi vorrebbe tutto ridurre a pattumiera dell’umanità con uno sconsiderato modello di sviluppo che significa morte e distruzione per molti e ricchezza insanguinata per pochi.

Dobbiamo impegnarci a suscitare un movimento di opinione pubblica per riuscire in qualche modo a far pressione sul governo peruviano che si faccia garante dell’incolumità di p. Mario e della sua azione a favore delle comunità indigene. Dobbiamo far pressione sul Ministero degli Esteri perché intervenga presso lo stesso governo peruviano a favore del nostro concittadino Padre Mario Bartolini che da trent’anni è al servizio della gente peruviana più povera e indifesa, al servizio di un progetto di società basato sul rispetto della dignità umana di tutti gli abitanti del pianeta e dello stesso ecosistema come ‘casa’ degli uomini, contro tutte le speculazioni di un modello di sviluppo falso e portatore di morte. E allora anche questo articolo diventa una occasione di impegno. Su Facebook è operativo un gruppo di appoggio al missionario con il nome “Sosteniamo Padre Mario Bartolini”, mentre sul sito dell’associazione ALOE Onlus, www.aloemission.org si possono trovare informazioni, aggiornamenti e proposte di iniziative.

Non abbiamo alcun bisogno di un martire in più, ma di una presa di coscienza collettiva che chi spende la sua vita per la solidarietà e per la difesa dei diritti umani deve essere a sua volta difeso e lasciato libero di agire[2].



[1] Articolo pubblicato su Argomenti, rivista del Comune di Petritoli FM, n. 2 del 2010.

[2] Breve nota sulla vicenda e sul suo esito momentaneo con l’assoluzione del missionario al processo di primo grado.

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