Don Lorenzo Milani

Don Lorenzo Milani:
LETTERA AD UNA PROFESSORESSA

Il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR), Valeria Fedeli, il 5 giugno 2017, ha ricordato in una videoconferenza la grande figura di don Lorenzo Milani e ha consegnato idealmente ad ogni scuola la sua opera omnia appena pubblicata e presentata al pubblico il 23 aprile 2017 da un recensore d’eccezione, papa Francesco.

Quanto si parla di Riforma della Scuola in Italia e si vuole fare un po’ di storia, non si può non ricordare un personaggio che puntava il dito sui mali della scuola italiana quando ancora nessuno ne parlava: Don LORENZO MILANI con il suo famoso libro “LETTERA AD UNA PROFESSORESSA” scritto agli inizi degli anni sessanta da un gruppo di ragazzi della scuola di Barbiana, guidati dal “loro priore”.

Chi era Don Lorenzo Milani?

 

Don Milani era un prete morto prematuramente nel 1967, all’età di 44 anni, ma già divenuto famoso per le sue prese di posizioni controcorrente sia sulla scuola che sulla società. La vicenda di Don Milani si situa nella situazione del dopoguerra italiano, in cui la differenze di classe erano molto accentuate, dove ad una classe borghese agiata corrispondeva una classe operaia e contadina molto povera. Per quando riguardava l’istruzione, i figli dei borghesi avevano tutte le possibilità di sviluppo culturale, mentre ai figli degli operai e contadini erano pressoché precluse le vie della cultura. “Contadini andate a zappare la terra” dicevano spesso i professori; e comunque i figli degli operai e dei contadini erano svantaggiati in partenza in quanto partivano da una situazione culturale molto povera (genitori magari analfabeti) e quindi a scuola facevano molto più difficoltà dei loro coetanei borghesi. Il risultato era che venivano in gran massa bocciati. Don Milani era molto preso da questa situazione di ingiustizia sociale. Lui oltre ad essere un bravo prete, sognava una rivoluzione sociale per la ricerca di una maggiore giustizia. Ma lui era assolutamente convinto che la rivoluzione sociale incominciava non sulle barricate, ma sui banchi di scuola.

“Quante parole conosci?” chiedeva agli operai.
“Duecento” rispondevano.
“Allora sarai sempre fregato dal padrone! Lui ne conosce almeno mille e con le sue mille parole avrà sempre ragione! Se vuoi difendere i tuoi diritti comincia a studiare, impara anche tu le mille parole che conosce il tuo padrone, e allora potrai essere in grado di difenderti e batterlo”.

Ecco per don Milani la Rivoluzione cominciava con l’apprendimento della cultura necessaria a saper vivere nella società. Ma non una cultura qualsiasi. Molte cose nella cultura ufficiale per lui erano da cambiare. Il libro “Lettera ad una professoressa” scritto insieme ai suoi ragazzi di Barbiana, piccola frazione di montagna dove era stato confinato dal vescovo di Firenze che lo riteneva troppo rivoluzionario, sognava una scuola diversa.

 

Convegno del 25 Novembre 2017


 

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Una scuola che non bocciasse nessuno nel tempo dell’obbligo, perchè il suo scopo era quello di dare una formazione di base al cittadino e questo era un diritto di tutti. Una scuola che poteva anche bocciare alle superiori, perchè non tutti erano obbligati a scegliere le professioni che richiedevano gli studi superiori, ma le cui materie dovevano essere rivoluzionate.

“Da voi – si rivolgeva ai professori delle scuole statali – la materia a cui date più importanza è quella che si non si dovrebbe neanche insegnare” diceva riferendosi al latino delle scuole magistrali. Il suo linguaggio era molto tagliente e qualche volta violento, perchè riteneva che violenta fosse la società stessa a cui si rivolgeva, quella società che precludeva ai figli degli operai l’istruzione necessaria alla difesa dei propri diritti

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L’insegnamento della religione a scuola
secondo don Lorenzo Milani

Ovviamente io qui cito un brano di questo famoso libro solo per quanto riguarda l’insegnamento della religione, un brano che io penso Tullio De Mauro aveva in mente quando aveva rilasciato quella famosa intervista sulla Bibbia al termine del suo mandato, nella quale aveva definito la Bibbia “una bomba didattica”!

Tre anni su tre brutte traduzioni di poemi antichi (Iliade, Odissea, Eneide). Tre anni su Dante. Neanche un minuto solo sul Vangelo.Non dite che il Vangelo tocca ai preti. Anche levando il problema religioso, restava il libro da studiare in ogni scuola e in ogni classe.

A letteratura il capitolo più lungo toccava al libro che più ha lasciato il segno, quello che ha varcato le frontiere.

A geografia il capitolo più particolareggiato doveva essere la Palestina. A storia i fatti che hanno preceduto, accompagnato e seguito la vita del Signore.

In più occorreva una materia apposta: scorsa sull’Antico Testamento, lettura del Vangelo su una sinossi, critica del testo, questioni linguistiche e archeologiche.

Come mai non ci avete pensato? Forse chi v’ha costruito la scuola Gesù l’aveva un po’ in sospetto: troppo amico dei poveri e troppo poco amico della roba.

Quando avrete dato al Vangelo il posto che gli spetta, la lezione di religione diventerà una cosa seria.Si tratterà solo di guidare i ragazzi nell’interpretazione del testo. Lo potrebbe fare il prete e magari in discussione con un professore non credente, ma serio. Cioè che conoscesse il Vangelo quanto lui.

Nella ricerca di questi professori verranno a galla i limiti della vostra cultura. A Firenze ci sono decine di preti capaci d’una lezione biblica d’alto livello. Gente che legge correntemente il testo greco e all’occorrenza sa mettere gli occhi sull’ebraico.

Mi sapreste fare il nome d’un laicista seriamente preparato a tenergli testa? Ma uscito dalle vostre scuole non di seminario.

Ho sentito una conferenza d’un giovane intellettuale di quelli che hanno letto tutti i libri che c’è nel mondo (fuorchè uno): “Se il grano di frumento non cade in terra e non muore, non porta frutta, come dice Gide”. Io questo Gide non so chi sia. Ma il Vangelo lo studio da anni e lo studierò tutta la vita.

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La scuola italiana, secondo don Milani, sottovaluta in maniera assoluta l’opera che più di ogni altra ha influito sulla società (la bibbia), mentre sopravvaluta altri testi che tutto sommato hanno avuto una minore importanza e che oggi sarebbero completamente dimenticati se non fosse per questa sopravvalutazione che ne fa la scuola. I vangeli invece sono “il libro che più ha lasciato il segno e più ha varcato le frontiere”. Ricordiamo la scheda sulla diffusione della Bibbia.

Lo studio della Bibbia in generale e dei Vangeli in particolare vanno fatti anche a prescindere dal problema religioso. Sono testi che hanno avuto una enorme efficacia storica e solo una grande miopia, una miopia ancora largamente diffusa nella scuola italiana (e tra tanti professori), può ancora tenerli lontani. Lo spazio che ne può dare l’insegnante di religione è ancora troppo poco.

Don Milani, il rivoluzionario sociale, sospetta che questa esclusione dei vangeli sia anche di carattere ideologico (“Gesù era troppo amico dei poveri e troppo poco amico delle ricchezze”)

La critica di Don Milani si appunta poi su un sistema universitario “laico” e statale incapace di formare uomini di cultura preparati nel campo della cultura religiosa. In effetti con l’Unità d’Italia vengono soppresse in Italia le Facoltà di Teologia, presenti nelle città universitarie sino al 1873. Con la soppressione della Facoltà di Teologia statali in Italia (una soppressione mai avvenuta ad esempio in Germania ed in Inghilterra) si è creato in Italia una spaccatura nel sistema culturale: la cultura laica non si interessa affatto di cultura religiosa e la cultura religiosa la si può apprendere solo nelle università ecclesiastiche. Anche le stesse case editrici sono divise: da una parte le case editrici laiche che non pubblicano testi di religione e dall’altra le case editrici cattoliche che pubblicano solo testi religiosi. Ora lentamente queste cose stanno cambiando, poichè si comincia a capire che la cultura è unica e che la cultura religiosa appartiene a pieno titolo alla cultura umana e scientifica.

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DISCORSO DI FRANCESCO A BARBIANA 20 GIUGNO 3017

DISCORSO DEL MINISTRO VALERIA FEDELI SU DON MILANI

 

ARTICOLI CHE PARLANO DI DON LORENZO MILANI

La ministra Fedeli consegna a tutte le scuole italiane la lettura di Don Milani,
articolo di Alberto Melloni

Don Milani non era un ribelle. Era inquieto per amore dei ragazzi
articolo di Mauro Bonciani

La memoria viva di don Milani, pedagogo illuminato
articolo di Gianni Cardinale, Avvenire 5 giugno 2017

Cinque ragioni per tornare a don Milani
articolo di FrancoLorenzoni, Internazionale 19 giugno 2017

Messaggio di papa Francesco per don Milani
articolo di Elisa Chiari su Famiglia Cristiana

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