Laici missionari

Una famiglia in missione

Una delle più note caratteristiche delle culture dei popoli africani è senz’altro la cosiddetta “famiglia allargata”. Per una africano è davvero difficile capire come per famiglia si intenda quasi esclusivamente il nucleo della coppia con i propri figli, quando ci sono. Per lui la famiglia è una piccola società basata sui legami di parentela: nonni, zii, zie, cugini, cognate e così via, sono delle figure altrettanto importanti e “vicine” quanto quelle dei propri genitori e figli. Per superare la crisi della famiglia che attanaglia la nostra cultura, dobbiamo recuperarne il senso attraverso il recupero di una socialità e di una apertura nuova. La chiusura della famiglia conduce alla crisi dei valori della famiglia stessa, mentre l’apertura e la socialità rinvigorisce questi stessi valori. Il modello africano può almeno suggerirci questo recupero di socialità. Non nel senso di un recupero di stampo patriarcale che sarebbe come rimettere indietro le lancette della storia; ma bensì nel senso di un avanzamento di umanità e di senso cristiano della vita. E’ per vivere questo valore di famiglia aperta ai tanti fratelli e sorelle che ci si fanno vicini che un giorno abbiamo deciso di partire per l’Africa insieme ai nostri bambini. Appena sposati avevamo avuto la possibilità di partire solo come coppia senza figli: abbiamo voluto aspettare almeno la venuta del primo; espressamente per fare in Africa non una esperienza come coppia, ma come famiglia.

Nei cinque anni complessivamente trascorsi in Zambia io e mia moglie abbiamo entrambi svolto un compito specifico all’interno dei progetti in cui siamo stati inseriti; ugualmente i nostri figli hanno svolto il loro compito, semplice, ma altrettanto importante: il compito di essere, vivere, giocare, andare a scuola insieme ai tanti bambini del vicinato; cosa che ha donato un grande senso di normalità e naturalità al nostro stesso essere volontari. Abbiamo lavorato nel campo dell’educazione in Zambia, in una cittadina chiamata Kafue[2]. Un campo davvero appassionante! Forse non molto qui in Italia dove spesso si ha a che fare con una gioventù disattenta e distratta; ma certamente in Africa, dove l’educazione è ancora una delle condizioni necessarie alle grandi masse giovanili per venir fuori dalla propria situazione di povertà e di disoccupazione. Se c’è una cosa che davvero colpisce dal primo all’ultimo momento in cui si vive in un paese africano è proprio la grande quantità di bambini, ragazzi, giovani che affollano le strade; soprattutto le strade delle periferie urbane. Si dice che più della metà della popolazione africana sia sotto i venti anni. Ed accanto alla meraviglia per questa esplosione di giovinezza, il cuore si stringe subito al pensiero che molti di questi ragazzi saranno lasciati completamente a se stessi senza scuola né educazione.

All’inizio del presente anno scolastico, un preside di una delle scuole governative di Kafue, mi confidava di aver avuto ben seicento domande di am­missione alla prima elementare e di averne potuto accettare solo duecento. E gli altri quattrocento? Tenteranno la sorte il prossimo anno, ma ad essi altri se ne aggiungeranno, e così molti non potranno avere mai avere la possibilità di scolarizzarsi. Se poi guardiamo alla situazione dei più grandicelli, troviamo un alto tasso di abbandono scolastico per svariati motivi soprattutto dopo la classe settima. Ma anche chi raggiunge la classe dodicesima, spesso non resta con nessuna altra alternativa di lavoro che quella di girare per le strade in cerca di qualcosa da fare. Con queste considerazioni si potrà capire meglio quanto importante sia lavorare nel campo dell’educazione in Africa. E’ il campo di lavoro per eccellenza: è davvero il terreno di lavoro per dare un futuro migliore ed una speranza alle giovani generazioni che si affacciano sulla scena della vita.

In Zambia il COE, l’organismo che ci ha inviato come volontari, gestisce due centri scolastici. Il primo è il St. Ambrose Trade Centre ed è un centro professionale, dove la gioventù può imparare un mestiere (falegname, fabbro, elettricista, sarta e segretaria) che li tolga dalla strada e dia speranza al loro futuro. L’altra, la Malundu School, è una scuola a carattere accademico con classi che vanno dall’asilo alla maturità. La nostra esperienza come volontari in questi progetti del COE è stata quella di un inserimento fatto in punta di piedi, in quanto già da anni questi progetti vanno avanti grazie al lavoro di altri volontari e collaboratori locali. L’essere volontari comporta sempre un umile inserimento in atteggiamento di “ascolto nella realtà di cui si vuole essere in servizio per un pe­riodo più o meno lungo: non si va a “dare”, né a “portare” qualcosa; si va a “condividere” un servizio da svolgere insieme. I nostri fratelli e le nostre sorelle di pelle scura sono dei colleghi con cui lavorare e con cui cercare le soluzioni migliori.

Animati da questo spirito, siamo riusciti a superare le inevitabili diffi­coltà che si incontrano in ogni cammino, ed anche a portare il nostro contributo per la crescita di questi due centri scolastici. Possiamo dire di aver visto un piccolo segmento di sviluppo prendere forma sotto i nostri occhi e, per chi crede, abbiamo visto il Signore all’opera. Ci è stato anche di valido aiuto il sentirci parte della più grande realtà missionaria della Diocesi di Milano, sacerdoti, suore e altri volontari; una comunità di persone che ci ha sempre seguito ed accolto con simpatia (anche se proveniamo dalle Marche) e che abbiamo imparato ad ammirare per l’impegno al servizio dei poveri e del vangelo. Abbiamo lasciato Kafue con nostalgia, con la voglia più di restare che di partire. Il cammino fatto insieme ai nostri fratelli zambiani ha arricchito la nostra vita e quella dei nostri bambini che speriamo conservino sempre dentro di sé la gioia della loro amicizia vissuta intensamente con i loro compagni di gioco.



[1] F. PIGNOTTI, Una famiglia in missione, Giornalino del COE, ottobre 1996

[2] Questo è stato il nostro secondo progetto, realizzato alle dipendenze del COE di Milano negli anni 1994-1996. Il primo progetto che avevamo realizzato in Zambia era stato alle dipendenze del CVM di Ancona begli anni 1989-1992.

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