Hans Kung e papa Francesco

Papa Francesco è un paradosso?

El Pais 2

Un articolo di Hans Kung apparso in spagnolo
sul periodico latinoamericano
EL PAIS INTERNATIONAL 10 Maggio 2013

Jorge Bergoglio ha sollevato la speranza che un’altra Chiesa Cattolica è possibile. Il suo stile nell’assumere il papato, il suo linguaggio e la sua decisione di chiamarsi Francesco rimandano alla povertà, all’umiltà e alla semplicità predicate da Francesco d’Assisi.

Francesco 1

papa Francesco in un gesto di complicità con un bambina

Chi lo avrebbe mai potuto immaginare? Quando ho preso la decisione definitiva di rinunciare, nel mio 85° compleanno, a tutte le mie cariche onorarie, ero sicuro che il sogno che mi aveva animato per decenni, quello cioè di poter essere presente ad un cambio profondo nella nostra Chiesa come era avvenuto con Giovanni XXIII, non si sarebbe mai realizzato negli anni che mi restavano da vivere.

E invece, pensate un po’, ho visto il mio vecchio compagno di teologia, Joseph Ratzinger – entrambi abbiamo ormai 85 anni –  dimettersi improvvisamente dalla sua funzione papale, e il 19 Marzo 2013, precisamente il giorno del suo onomastico e del mio compleanno[i], ho visto insediarsi al suo posto un nuovo papa con il sorprendente nome di Francesco.

Avrà riflettuto, Jorge Mario Bergoglio, circa il motivo per cui nessun papa aveva osato, fino ad ora, scegliere per sé il nome di Francesco? In ogni caso, l’argentino era consapevole del fatto che, con il nome di Francesco, si stava vincolando a Francesco d’Assisi, il dissidente universalmente noto del XIII secolo, inizialmente viveur e mondano rampollo di un ricco mercante tessile di Assisi, che, all’età di 24 anni, aveva abbandonato la sua famiglia, la ricchezza e la carriera e aveva perfino riconsegnato a suo padre le sue lussuose vesti.

È sorprendente come Papa Francesco abbia scelto un nuovo stile dal momento in cui ha assunto l’incarico: a differenza del suo predecessore, egli non ha voluto usare né la mitra ornata d’oro e di pietre preziose, né il mantello viola ornato di ermellino, né le scarpe e il cappello rossi, su misura, e neanche il trono pomposo con la tiara. Altrettanto sorprendente è che il nuovo Papa rifugga consapevolmente dai gesti patetici e dalla retorica pretenziosa e parli la lingua del popolo, come potrebbero farlo, esercitando la loro professione, predicatori laici, che i papi, ieri come oggi, hanno sempre represso. E, infine, è sorprendente che il nuovo Papa sottolinei la sua umanità: richiede la preghiera del popolo su di lui prima che sia egli stesso a benedire la gente, paga il conto dell’hotel come una persona qualsiasi, fraternizza con i cardinali nell’autobus, nella residenza comune, nel suo addio ufficiale; e lava i piedi di giovani detenuti (anche a delle donne, e anche ad una musulmana). È un papa che dimostra che, come essere umano, ha i piedi per terra.

Il papa ha rifiutato la mitra con oro, le scarpe rosse e il pomposo trono con la tiara

San Francesco

Quadro su Francesco di Assisi di Giovanni Bellini (Frick Collection di New York)

Tutto questo avrebbe rallegrato Francesco di Assisi ed è il contrario di quello che rappresentava all’epoca Papa Innocenzo III (1198-1216). Nel 1209, Francesco si recò a visitare il Papa a Roma insieme a 11 giovani confratelli (fratres minores) per presentare la loro regola sintetica costituita interamente da citazioni bibliche e ricevere l’approvazione papale del loro modo di vita “secondo il santo Vangelo”, basato sulla povertà vera e sulla predicazione laica. Innocenzo III, dei Conti di Segni, divenuto Papa all’età di 37 anni, era un sovrano nato: teologo formatosi a Parigi, giurista scaltro, abile oratore, amministratore intelligente e raffinato diplomatico. Non ci fu mai, né prima né dopo di allora, un papa tanto potente come lui. La rivoluzione dall’alto (Riforma Gregoriana) iniziata da Gregorio VII nel XI secolo aveva raggiunto il suo obiettivo con lui. Al posto del titolo di “Vicario di Pietro”, egli preferiva per ogni vescovo o sacerdote il titolo usato fino al XII secolo di “Vicario di Cristo” (Innocenzo IV lo cambiò addirittura in “Vicario di Dio”). A differenza del primo secolo, e senza mai ottenere il riconoscimento della Chiesa apostolica d’Oriente, il Papa si è comportato da allora come un monarca, legislatore e giudice di tutta la cristianità … fino ad ora.

Ma il pontificato trionfale di Innocenzo III finì non solo per essere il punto culminante, ma anche l’inizio di una inversione di tendenza. Già nella sua epoca infatti, cominciarono a manifestarsi i primi sintomi di decadenza che, in parte, sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, come tratti distintivi del sistema curia romana: il nepotismo, l’estrema avidità, la corruzione e i rapporti finanziari discutibili. Però già negli anni settanta e ottanta del XII secolo sorsero potenti movimenti alternativi di penitenza e povertà (i catari o i valdesi). Ma papi e vescovi repressero con decisione tali correnti minacciose vietando la predicazione laica e condannando gli “eretici” attraverso l’Inquisizione e persino promuovendo una crociata contro di loro.

Fu però lo stesso Innocenzo III che, nonostante tutta la sua politica di sterminio rivolta contro gli ostinati “eretici” (i Catari), aveva cercato di integrare nella Chiesa i movimenti evangelico-apostolici di povertà. Innocenzo era pure consapevole della necessità urgente di riformare la Chiesa, al punto che aveva finito per convocare il sontuoso Concilio Lateranense IV. Fu per questo che, dopo molte esortazioni, accettò di concedere a Francesco d’Assisi l’autorizzazione a fare prediche penitenziali. Oltre all’ideale della povertà assoluta che veniva richiesto, gli fu concesso persino la possibilità di cercare di scoprire la volontà di Dio nella preghiera. A causa di una visione nella quale un religioso piccolo e modesto evitava il crollo della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano – almeno questo è quello che dicono -, il papa aveva deciso di approvare definitivamente la regola di Francesco d’Assisi. L’avrebbe promulgata davanti ai cardinali riuniti in concistoro, ma non avrebbe permesso che fosse messa per iscritto.

Francesco di Assisi rappresentava, e rappresenta di fatto tutt’ora, l’alternativa al sistema romano. Che cosa sarebbe successo se Innocenzo e il suo entourage curiale si fossero volti alla ricerca della fedeltà all’Evangelo? Comprese da un punto di vista spirituale, se non letterale, le sue esigenze evangeliche implicavano ed implicano una enorme messa in questione del sistema romano, della sua struttura di potere centralizzata, legalizzata, politicizzata e clericalizzata che si era impadronita di Cristo a Roma fin dal secolo XI.

Con Innocenzo III si manifestarono i primi sintomi di nepotismo e corruzione della Chiesa

Forse Innocenzo III è stato l’unico papa che, a causa delle straordinarie qualità e poteri che aveva accumulato la Chiesa di allora, avrebbe potuto determinare un altro cammino storico completamente diverso; egli avrebbe potuto prevenire e impedire lo scisma e l’esilio del papato nei secoli XIV e XV, e la Riforma protestante alla Chiesa del XVI secolo. Non c’è dubbio che, già nel XII secolo, questo avrebbe portato non solo ad un cambiamento di paradigma all’interno della Chiesa cattolica, paradigma che avrebbe impedito la divisione della stessa Chiesa, ma avrebbe anzi portato anche ad un rinnovamento globale e, allo stesso tempo, ad una riconciliazione tra le Chiese occidentale ed orientale.

In questo modo, le preoccupazioni centrali di Francesco d’Assisi, tipiche del primo cristianesimo, hanno continuato a rimanere fino ad oggi questioni piantate nel cuore della Chiesa cattolica e ora nel cuore di un papa che, in maniera programmatica, si è voluto chiamare Francesco: paupertas (povertà), humilitas (umiltà) e simplicitas (semplicità). Questo potrebbe spiegare perché finora nessun papa aveva avuto il coraggio di prendere il nome di Francesco: perché le pretese legate a questo nome sembravano troppo alte.

Ma questo ci porta alla seconda domanda: cosa rappresenta oggi tutto questo, per un papa che coraggiosamente ha accettato il nome di Francesco? Chiaramente non bisogna idealizzare la figura di Francesco d’Assisi, che ha avuto anche lui i suoi pregiudizi, le sue esagerazioni e le sue debolezze. Non esiste uno standard assoluto. Però le sue preoccupazioni, che erano proprie anche del primo cristianesimo, devono essere prese sul serio, benché non per mettere in pratica letteralmente, ma per essere adattate dal Papa e dalla Chiesa nel tempo presente.

Gli insegnamenti di Francesco d’Assisi sull’altruismo e sulla fraternità debbono essere attualizzati

1. Paupertas, povertà? Nello spirito di Innocenzo III, la Chiesa è una Chiesa della ricchezza, del successo e del fasto, dell’avidità estrema e degli scandali finanziari. Invece, secondo lo spirito di Francesco, la Chiesa è una chiesa della politica finanziaria trasparente e della vita semplice, una chiesa che si preoccupa principalmente dei poveri, dei deboli e degli svantaggiati, che non accumulare ricchezze o capitale, ma che lotta attivamente contro la povertà e fornisce le condizioni di lavoro esemplari per i propri lavoratori.

2. Humilitas, umiltà? Nello spirito di Innocenzo, la Chiesa è una Chiesa del dominio, della burocrazia e della discriminazione, della repressione e dell’Inquisizione. Invece, secondo lo spirito di Francesco, la Chiesa è una Chiesa di altruismo, di dialogo, di fraternità, di ospitalità anche per gli anticonformisti, del servizio senza pretese ai superiori e della comunità sociale caratterizzata da una solidarietà che non esclude nessuno, della chiesa che non esclude la nuove forze e le nuove idee religiose, ma dà loro una natura feconda.

3. Simplicitas, Semplicità? Nello spirito di Innocenzo, la Chiesa è una Chiesa della immutabilità dogmatica, della censura morale e del regime giuridico, una Chiesa della paura, del diritto canonico che tutto regola e della teologia scolastica che tutto sa. Invece, secondo lo spirito di Francesco, la Chiesa è una chiesa del messaggio gioioso e della gioia, di una teologia basata sul semplice Vangelo, che sa ascoltare la gente invece che indottrinare dall’alto, che non solo insegna, ma che è anche in costante atteggiamento di apprendimento.

In questo modo, è possibile formulare anche oggi, a partire dalle preoccupazioni e dalle intuizioni di Francesco d’Assisi, le opzioni generali per una chiesa cattolica la cui facciata brilla a base di magnifiche manifestazioni romane, ma la cui struttura interna nella quotidianità delle comunità in molti paesi si rivela marcia e fragile, per cui tante persone hanno finito per respingerla sia internamente che esternamente.

È poco probabile che i potentati vaticani permettano che si tolga loro il potere accumulato

Tuttavia, nessuna persona razionale si aspetta che una singola persona possa realizzare tutte le riforme dalla sera alla mattina. Eppure, in cinque anni sarebbe possibile un cambio di paradigma: questo è stato dimostrato nel XI secolo da Papa Leone IX di Lorena (1049-1054), che ha aperto la strada per la riforma di Gregorio VII. Ed è stato dimostrato nel XX secolo dall’italiano papa Giovanni XXIII (1958-1963), che convocò il Concilio Vaticano II. Oggi dovrebbe essere di nuovo chiaro il percorso da intraprendere: non una involuzione restaurativa ai tempi preconciliari, come nel caso dei papi polacco e tedesco, ma un cammino di riforme ben pensate, pianificate e correttamente trasmesse, in linea con il Concilio Vaticano II.

C’è una terza domanda che si poneva allora come ora: una riforma radicale della Chiesa non incontrerà una notevole resistenza? È indubbio che, in questo modo, si genererebbero potenti forze di reazione, in particolare in quella centrale di potere che è la Curia romana, che cercherebbe di rimanere in piedi. È poco probabile che i potentati del Vaticano permettano volentieri che si strappi loro quel potere che hanno accumulato fin dal Medioevo

Il potere di pressione della Curia è qualcosa che ha dovuto subire anche Francesco di Assisi. Lui che voleva liberarsi di tutto attraverso la povertà, è sempre andato alla ricerca di protezione della “Santa Madre Chiesa”. Non voleva vivere contrapponendosi alla gerarchia, ma ricercava la conformità alla vita di Gesù obbedendo al papa e alla curia: nella vera povertà e nella predicazione laica. Di fatti aveva accettato che lo elevassero di rango, lui e i suoi compagni, attraverso la tonsura che lo introdusse nello stato clericale. Questo facilitava l’attività di predicazione, ma finiva per incoraggiare la clericalizzazione della giovane comunità, che cominciava a comprendeva nel suo seno sempre più sacerdoti. Non è quindi sorprendente che la comunità francescana abbia finito per integrarsi sempre più nel sistema romano. Gli ultimi anni di Francesco sono stati offuscati dalla tensione tra l’ideale originale dell’imitazione di Cristo e la trasformazione del suo movimento nel tipo di vita monastica seguita fino ad oggi.

In onore di Francesco, è importante ricordare che morì il 3 ottobre 1226 povero come era sempre vissuto, a soli 44 anni. Dieci anni prima, un anno dopo il Concilio Lateranense IV, era morto, in modo totalmente inaspettato, Papa Innocenzo III, all’età di 56 anni. Il 16 giugno 1216, il cadavere della persona il cui potere, patrimonio e ricchezza nel sacro trono nessun aveva mai saputo incrementare meglio di lui, fu trovato abbandonato da tutti e completamente nudo, saccheggiato dai suoi stessi servitori. Una potente metafora della trasformazione papale dal dominio al disfacimento: all’inizio del XIII secolo, il glorioso leader Innocenzo III, alla fine del secolo, il megalomane Bonifacio VIII (1294-1303), che sarà trattato in maniera deplorevole e seguito dai 70 anni dell’esilio avignonese, dal grande scisma d’Occidente con due e infine persino tre papi.

Meno di due decenni dopo la morte di Francesco, il movimento francescano che si era diffuso così rapidamente, sembrava essere stato abbastanza addomesticato da parte della Chiesa cattolica, tanto che cominciò a servire la politica papale come un ordine religioso qualsiasi, al punto da coinvolgersi persino nell’Inquisizione.

Come è stato possibile infine addomesticare Francesco d’Assisi e il suo movimento nel sistema romano, è chiaro che non si può escludere che il papa Francesco non finisca per essere intrappolato nel sistema romano che dovrebbe riformare. Papa Francesco è un paradosso? Sarà davvero possibile riconciliare per una volta le figure del papa e di Francesco, figure che sono chiaramente antinomiche? Potrà essere possibile solo con una papa che si impegna per le riforme in senso evangelico. Non dobbiamo rinunciare troppo presto alla speranza di un vero pastor angelicus come lui.

Infine, una quarta domanda: che cosa si può fare se ci venisse strappata la speranza nella riforma? In ogni caso, è finito il tempo in cui il papa e i vescovi possono aspettarsi una obbedienza incondizionata dei fedeli. Attraverso la Riforma gregoriana del secolo XI era stata introdotta una certa mistica dell’obbedienza nella Chiesa cattolica: obbedire a Dio significa obbedienza alla Chiesa e questo, a sua volta, implicava l’obbedienza al papa, e viceversa. Da quel momento, l’obbedienza di tutti i cristiani al papa è stata imposta come una virtù fondamentale; obbligare a eseguire gli ordini e a obbedire (con i metodi che furono ritenuti necessari) era lo stile romano. Ma l’equazione medievale di “obbedienza a Dio = obbedienza alla Chiesa = obbedienza al papa” contiene già in sé una contraddizione con le parole degli apostoli prima del Grande Sinedrio di Gerusalemme: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini “.

Pertanto, non dobbiamo cadere nella rassegnazione, anzi, anche in assenza di impulsi riformisti “dall’alto”, dalla gerarchia, si devono intraprendere con determinazione le riforme “dal basso”, dal popolo. Se papa Francesco adotta l’approccio delle riforme, avrà l’ampio sostegno del popolo ben al di là della stessa Chiesa cattolica. Ma se alla fine optasse per la continuazione dello status quo e decidesse di non affrontare la necessità delle riforme, il grido di “indignados! Indignez-vous! ” finirebbe per risuonare ogni volta più forte anche all’interno della Chiesa cattolica e causerebbe riforme dal basso che si materializzerebbero anche senza l’approvazione della gerarchia e, in molti casi, nonostante i loro tentativi di farli fallire. Nel peggiore dei casi – e questo è qualcosa che ho scritto prima dell’elezione dell’attuale Papa –  la Chiesa Cattolica vivrebbe una nuova era glaciale, invece di una primavera e correrebbe il rischio di essere ridotta ad una grande setta di poco conto .

Traduzione di Franco Pignotti

FONTE: http://sociedad.elpais.com/sociedad/2013/05/10/actualidad/1368203233_166060.html

 


[i] Jorge Mario Bergoglio  è stato eletto papa il 13 marzo 2013, ma la cerimonia di inaugurazione del suo pontificato è avvenuta il 19 marzo. Joseph Ratzinger celebra il suo onomastico il 19 marzo, giorno di san Giuseppe. Hans Kung è nato il 19 marzo del 1928. (Nota del traduttore)

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