Il pozzo del coniglio – presentazione

I racconti del riscatto
di Marco Moschini

Sabato 5 Settembre 2020, nell’ambito della tradizionale Mostra Mercato del Libro per Ragazzi che si svolge a Montegiorgio, è stato presentato  IL POZZO DEL CONIGLIO, un’opera in tre volumi di cui uno di introduzione e due di racconti bengalesi scritti da Lucidio Ceci e tradotti da p. Antonio Germano. Presentiamo qui l’interessante intervento di Marco Moschini, esperto di letteratura per l’infanzia.

Intervento di Marco Moschini

Anche se una presentazione l’ho già scritta, una cosa vorrei sottolinearla: la lettura di questi racconti ci consegna valori che, se coltivati, possono portare al riscatto di uno dei popoli più poveri del mondo ma che andrebbero urgentemente fatti riscoprire anche ai milioni di ragazzi del nostro “opulento occidente” che, pur benestanti (o forse proprio per questo), si fanno trascinare dalla corrente dell’indifferenza e del qualunquismo, se non dell’intolleranza e della prevaricazione come metodo. Noi siamo ciò di cui ci nutriamo, e “il bene – ci ricorda Vito Mancuso – conferisce calore all’intelligenza che di per sé è fredda, e l’intelligenza, acquisendo calore, si trasforma in saggezza”. Ma già il solo “leggere” di per sé (e qui parlo da autore per l’infanzia che fa quello strano lavoro definito da Bruno Tognolini  “il lavoro sporco della speranza”, che è difficile perché il male è “fico”, attira), il “leggere” in genere, dicevo, come attitudine dello spirito, ci permette di instaurare con la nostra quotidianità un rapporto di non dipendenza e di non passività, fa respirare libertà di pensiero e offre possibilità di scelta perché amplia gli orizzonti delle prospettive. Resta, insomma, uno dei modi più potenti per cambiare il mondo, perché ci consente di farlo nella maniera più efficace di tutte: cambiando il nostro. È leggendo che beviamo l’antidoto allo schiacciamento sul presente, è leggendo che ci dotiamo degli strumenti per non accettare più la realtà come un dogma, che impariamo a costruire un immaginario personale capace di “vedere altro” nelle scelte di tutti i giorni e nella costrizione dei ruoli. Questo “vedere altro” è un po’ un “vedere con occhi nuovi” , un rileggere il mondo con uno sguardo divergente e inconsueto che non si fermi alla superficie e all’evidenza di ciò che appare, ma sia capace di perforare la pigrizia della consuetudine e dei pregiudizi: uno sguardo che non dia la realtà per scontata.

È imparando a guardare con occhi nuovi che possiamo contrastare la pervasiva e dilagante “cultura dello scarto” che, dopo essere stata inizialmente applicata alle cose, sta investendo persone “colpevoli di diversità” e popoli che, non potendo tenere il passo con una cultura prevalente che vede nel profitto il suo unico scopo, vengono privati della loro dignità e rifiutati chiudendo i porti di attracco. Da persone a oggetti di scarto, cioè a rifiuti, il passo è breve: dura lo spazio di un telegiornale e non ci tocca più di tanto. Un rifiuto, però, potrebbe avere, dentro, qualcosa di sorprendente che da fuori non si vede. Per farlo capire ai bambini si può partire dai nostri quotidiani oggetti di scarto per trasformarli in giocattoli bellissimi (AUTOMOBILE, RAZZO).

MarcoMoschini

Trasformando un rifiuto in un giocatolo compiamo un’operazione straordinaria capace di rivalutare, nel paragone, anche tanti esseri umani rifiutati dalla nostra società.  E quando i bambini vedranno, per le strade delle nostre città, delle persone “senza tetto” buttate lì per terra come dei rifiuti, penseranno che anche quelle persone potrebbero avere, dentro, qualcosa di sorprendente che da fuori non si vede e non le faranno spazzare via.

Ultima cosa: per Lucidio Ceci il riscatto passa attraverso il sapere e la cultura. Ma è lui stesso a dire che sapere e cultura non bastano: lui scrive, infatti, soprattutto per educare, e l’educazione va ben al di là dell’istruzione. Educazione vuol dire anche e soprattutto crescita emotiva.

La mente è come un paracadute: funziona bene solo se si apre. Ma per aprirla, e per evitare indifferenza e intolleranza, è necessario aprire anche il cuore, perché l’intelligenza senza il sentimento “genera mostri”. Ecco allora, ancora una volta, l’importanza di questi racconti. Fiabe, storie e racconti, infatti, avviano fin da piccolissimi alla conoscenza del proprio sentire e al sapersi immedesimare in quello degli altri, incanalandolo attraverso la parola. E la parola, come ci ricorda fin dal V° secolo a.C. Gorgia da Lentini, “è un potente sovrano che, con un corpo piccolissimo e invisibile, compie imprese massimamente divine: sa calmare la paura, rimuovere il dolore, suscitare la gioia, sollevare la compassione”.

Marco Moschini

 

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