Il pozzo del coniglio – nota sull’autore

Lucidio Ceci, scrittore bengalese
di Franco Pignotti

Sabato 5 Settembre 2020, nell’ambito della tradizionale Mostra Mercato del Libro per Ragazzi che si svolge a Montegiorgio, è stato presentato  IL POZZO DEL CONIGLIO, un’opera in tre volumi di cui uno di introduzione e due di racconti bengalesi scritti da Lucidio Ceci e tradotti da p. Antonio Germano. Presentiamo qui l’intervento di Franco Pignotti sulla figura di Lucidio Ceci in quanto scrittore in lingua bengalese.

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Abbiamo sempre parlato del missionario montegiorgese  Lucidio Ceci come di un educatore globale al servizio di una rivoluzione scolastica tra i più poveri della terra, nei villaggi delle popolazioni tribali del Bangladesh. Oggi vogliamo focalizzare particolarmente la sua figura di scrittore, parte integrante di questa sua avventura missionaria, in occasione della pubblicazione in lingua italiana dell’opera intitolata “Il pozzo del coniglio”, una raccolta selezionata di racconti e novelle composte da Lucidio per la formazione umana e scolastica dei bambini delle sue scuole, tradotti in italiano da padre Antonio Germano missionario saveriano e suo amico.

Eravamo a conoscenza della sua attività di scrittore, perché spesso ne aveva parlato nelle sue lettere che abbiamo raccolto, per il periodo che va dal 2000, anno in cui lo abbiamo conosciuto, al 2014, anno della sua scomparsa, nell’epistolario che abbiamo intitolato “Il Vangelo secondo Lucidio. Storia di una rivoluzione scolastica sulle colline di Chittagong”. Non solo, ma negli anni abbiamo cercato anche di raccogliere i suoi libri bengalesi, in parte procurateci da lui stesso in parte raccolti dai suoi amici missionari saveriani. Ma non avevamo neanche osato sognare, per l’abisso culturale che ci separa, di poter un giorno pubblicare qualche suo scritto tradotto in italiano. L’occasione si è presentata quando siamo venuti a conoscenza del fatto che una suo vecchio amico missionario saveriano, p. Antonio Germano, in realtà lo stava facendo.

Lucidio Ceci intento a scrivere davanti al suo computer

Lucidio Ceci intento a scrivere davanti al suo computer

1. Un grande patrimonio culturale

Ed è con le parole di padre Antonio che intendo cominciare a parlare di Lucidio scrittore. Scrive p. Antonio, in una email dell’8 ottobre 2017: “Per quanto riguarda le favole, che in bengalese sono chiamate ‘golpo’, il mio interesse risale ad alcuni anni fa, quando le adoperai con i miei 45 insegnanti, che a loro volta le adoperarono nelle 13 scuolette di villaggio. Le favole sono scritte su dei cartoncini raccolto in 5 cartelle o contenitori. Da dove è nato il mio desiderio di tradurle in italiano? L’anno scorso mi trovavo a Roma nel Collegio Conforti dove c’era p. Tiziano Tosolini, direttore dei Quaderni di Studi Asiatici. A lui avevo fatto cenno di questo grande patrimonio culturale curato da Lucio e lui mi aveva spinto a tradurle. Così appena rientrato in Bangladesh mi sono messo all’opera.

Da questa testimonianza possiamo capire come i suoi libri di racconti vengono utilizzati ancora oggi in altre scuole del Bangladeshla missione di p. Antonio si trova nella parte occidentale del Bangladesh, ai confini dell’India, mentre Lucidio operava nella parte orientale ai confini con il Myanmar –  e come tutta la sua produzione venga definita come un grande patrimonio culturale che sarebbe un peccato perdere, soprattutto nel giudizio di chi si occupa di studi asiatici e quindi di confronto fra occidente ed oriente.

  1. Lo spirito profondo della sua scrittura

Dalla testimonianza del suo amico poi diventato suo traduttore, passiamo alla testimonianza di Danièle Moulin, la persona che ha condiviso con lui diversi anni di missione come compagna di vita e come moglie. Scrive Danièle in una lettera che ci ha voluto inviare ma che era stata letta come sua testimonianza al momento del funerale di Lucidio:

In quanto prete in Bangladesh egli ha subito deplorato dover leggere alla messa dei testi tradotti in un bengalese troppo letterario che i cristiani dei villaggi non comprendevano affatto. Allora egli ha scritto una storia di Gesù, una compilazione dei quattro vangeli in lingua popolare. Questo libro è stato utilizzato nelle parrocchie ed è stato perfino tradotto in Santal, la lingua di una popolazione tribale dell’India.

Quando Lucidio si decise a lanciare dei messaggi all’insieme della popolazione, il solo mezzo che poteva raggiungere i villaggi all’epoca era la radio; allora egli ha cominciato a scrivere canzoni, pezzi teatrali che sono stati rappresentati da attori bengalesi per venire poi trasmessi alla radio.

Quando poi si ha deciso di dedicarsi alla creazione di scuola per i bambini delle tribù delle colline di Chittagong, egli ha avuto bisogno di libri semplici e attraenti affinché questi bambini potessero avere qualcosa da leggere. Allora egli ha cercato nelle diverse culture delle belle storie, le ha adattate alla situazione culturale, recuperando disegni, immagini su libri, film, internet … per illustrare i suoi libri.”

Da questa testimonianza vediamo subito che l’attività letteraria di Lucidio non nasce come amore per la letteratura, ma come amore per il popolo. La molla che fa scattare l’attività letteraria di Lucidio è la sua conversione al popolo, alla sua vita, alla sua lingua, alle sue sofferenze e alle sue possibilità. La traduzione di parte della Bibbia, la composizione di pièce teatrali per la radio, unico mezzo di comunicazione con tutti i villaggi, i libri di racconti per i bambini delle scuole, tutto questo nasce dallo stesso cuore propulsore della sua vita: condividere la vita del popolo dei villaggi, per contribuire al loro riscatto.

Scrive ancora Danièle Moulin: “È stato attraverso i suoi libri in bengalese che io l’ho incontrato. Durante un corso di lingua bengalese a Barisal, io chiesi che mi fossero forniti dei libri scritti in lingua popolare e non libri di letteratura scritti in lingua classica. Mi hanno passato un libro il cui contenuto mi ha subito appassionato. Si trattava della storia di un villaggio bengalese dove gli uomini poco a poco cominciavano a riunirsi, a parlare dei loro problemi, ad aiutarsi tra di loro, ad organizzarsi, a difendere i loro diritti. Per me si trattava di un approccio rivoluzionario che rendeva obsoleto l’atteggiamento paternalistico e caritativo del “fare per” per rimettere i poveri al centro del loro destino. Ho detto che volevo incontrare l’autore bengalese di questi libri (aveva scritto anche dei libri destinati alle donne). Mi hanno detto che si trattava di un missionario italiano che lavorava a 200 km da lì”

La lingua bengalese vanta una grande tradizione letteraria, basti pensare che il primo scrittore non europeo ad essere stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura è stato un bengalese, Rabindranath Tagore.  Ovviamente la gente dei villaggi non parla la lingua della letteratura aulica, che probabilmente neanche capisce; e chi scrive quindi deve prima fare una scelta di campo: la lingua dell’alta cultura o la lingua del popolo! La volontaria francese Danièle Moulin che nel 1977 ha frequentato per un anno un corso approfondito di lingua bengalese insieme a tanti altri missionari  e volontari di diverse provenienze, a causa della sua scelta di vita accanto alla gente più povera,  vuole leggere libri scritti nella lingua del popolo. Gli viene dato un libro il cui contenuto la convince che si tratta di un libro scritto da un rivoluzionario bengalese che scrive per la liberazione e il riscatto del suo popolo. Un bengalese che lei decide di voler incontrare … e trova Lucidio! Difficile trovare una testimonianza più bella di questa sulla conversione-immersione di Lucidio alla e nella vita dei poveri, della gente dei villaggi. L’uomo e lo scrittore appaiono qui come una unica e medesima cosa. Una testimonianza davvero eccezionale, per capire lo spirito profondamente umano e profondamente rivoluzionario di questa persona.

Ma è ora di ascoltare direttamente la voce di Lucidio che parla di se stesso come scrittore in una lettera del 15 gennaio 2004[1]:

Sono poche le scuole in Bangladesh che non conoscano alcuni dei miei libri di racconti e drammi per bambini, che sono un “Vangelo secondo Lucidio”, o un vangelo senza nome, l’unico ammesso sui banchi di scuola in una società dove la religione e le cerimonie e le tradizioni sono un mestiere per vivere; dove la verità e il bene e il bello è però accettato da chiunque, se gli si cambia vestito.  Forse tu non sapevi che scrivo in bengalese da quarant’anni e che non predico mai teorie ma racconto fatti, fatti che parlano e insegnano tutto meglio delle prediche …. … io infatti ho scelto un’altra via, quella di raccontare storie ai bambini e di insegnare loro a pensare con la propria testa, ciò che qui è proibito. Ma nessuno se ne accorge, finora, perché io … racconto favole! Quando se ne accorgeranno mi condanneranno alla cicuta come Socrate o al rogo come Giordano Bruno.”

Esposizione dei libri bengalesi di Lucidio

Esposizione dei libri bengalesi di Lucidio

  1. La tipologia dei suoi scritti

Lucidio Ceci ha scritto un ventina di libri su problematiche di carattere sociale, evangelizzazione, formazione del personale educativo, educazione pedagogica.

  • Nei suoi primi anni di missione aveva scritto, per i cristiani, una sintesi della storia della salvezza dal titolo Nuton Manusher Abirbhabe cioè: L’avvento dell’Uomo Nuovo. E’ un testo ancora molto valido, senza uguali finora qui in Bangladesh. Scrive Lucidio di questo suo libro: “E sono pochissime le parrocchie dove non sia adoperata per la preghiera privata e anche pubblica la seconda edizione de “L’avvento dell’uomo nuovo”  scritta da Prodip (cioè Lucidio), che è la traduzione in bengalese moderno di quella parte della Bibbia ancora utile oggi.” (15 gennaio 2004)
  • “Uno dei primi scritti in un bengalese semplice, alla portata di tutti, porta il titolo Bokabole gorib e cioè: Poveri perché ignoranti. Un altro, scritto per le donne, porta il titolo Amrao manush e cioè: Anche noi siamo esseri umani. Sono i libri che hanno affascinato Danièle Moulin, come scrive nella sua testimonianza sopra riportata, per il loro valore di voler rendere il popolo soggetto del proprio riscatto e della propria liberazione.
  • Ha anche prodotto testi per la formazione degli insegnanti, il più importante dei quali porta il titolo Shikkhok Keno? cioè Perché Maestro?    Che potrebbe essere tradotto così: Qual è la motivazione che mi spinge a fare l’insegnante? il cui protagonista è un maestro delle elementari alla sua prima esperienza in una scuola di villaggio molto malridotta e con pochissimi ragazzi e ragazze che vanno a scuola. Anche questo è uno dei suoi testi continuamente ristampato ed utilizzato ancora oggi nella formazione degli insegnati delle scuole primarie. A proposito della sua attività di formatore di maestri, scrive lo stesso Lucidio: “Quanto ai training per maestri delle scuole cattoliche romane, mi sarebbe facile far pubblicità di Mr Ceci, perché anche il mese scorso sono andato a Khulna per due corsi di formazione ai maestri di scuole cattoliche, e a Jessore e Chittagong l’ho fatto con la Caritas, e qui alla parrocchia di  Bandarban è la seconda volta che mi invitano a sbozzare i loro maestri antidiluviani, che certuni io non li accetterei neanche gratis e mi fanno pietà per la lingua,  somigliante a quella dei turisti inglesi che vanno a Firenze con il loro libretto di domande e risposte e la pronuncia a fianco…” (Email del 15 Gennaio 2004)
  • Ma la sua opera più vasta è costituita da tutto il complesso di testi destinati direttamente all’uso da parte dei bambini delle scuole, testi che costituiscono formalmente anche le sue “invenzioni pedagogiche” o soluzioni geniali, come le chiama lui stesso.

4. Le tre invenzioni pedagogiche

  1. La prima è “il gran libro di prima elementare, che basta guardare da lontano per imparare a leggere e scrivere. È per i maestri di prima e seconda (trecento pagine formato 30 x 46 cm) con migliaia di immagini e caratteri enormi visibili da tutta la classe.  Nell’ambiente in cui siamo, e con gli insegnanti che abbiamo, fa guadagnare un anno di tempo nell’insegnamento della lettura. Con questo in mano anche un bambino di dodici anni può fare il maestro, se un adulto divide in due la sua classe di ottanta e ci sta un po’ dietro. Sarebbero maestri a poco prezzo che il comitato scolastico potrà certamente pagare.” (20 Agosto 2005)
  2. La seconda è la biblioteca volante. “Sono cinquecento racconti e favole di quattro continenti, riscritte e illustrate nell’ambiente bengalese, semplificate al massimo perché abbiano voglia di leggerle. Sono … il vangelo secondo Lucio …  per ridere, piangere e diventare uomini. È la sola vera biblioteca che hanno a scuola. I bibliotecari sono i ragazzi di 4a e 5a che si impegnano due ore al giorno a distribuire, riprendere e dare voti a chi le riporta. Le schede di lettura sono il solo strumento obbligatorio in tutte le scuole dove i miei maestri  vanno ad insegnare.    In breve, per una scuola i vantaggi delle mie schede sono questi: che costano dieci volte meno dei libri per rapporto all’uso, che insegnano a vivere da cristiani senza predicarlo, che anche un bambino può gestire la biblioteca in mancanza del maestro”.  (20 Agosto 2005)
  3. Queste due soluzioni geniali, permettono anche la terza, che è quella che segue. “Quando non riusciamo a pagare un maestro adulto, noi diamo metà della classe a un bambino: gli spieghiamo che per insegnare a parlare, leggere, scrivere e contare a una classe di prima, basta saper parlare, leggere, scrivere e contare come un bambino o una bambina di quinta, purché impari a raccontare una favola al giorno e adoperare il nostro gran libro di prima elementare. Siccome questi maestrini hanno scuola solo il dopo pranzo, il mattino possono fare i maestri senza esser pagati, solo per la gloria, se un adulto li aiuta di tanto in tanto. Una formazione di tre giorni per questi maestrini comincerà la settimana prossima durante le vacanze annuali. Ma vi assicuro che con loro la scuola rinasce e la gioia pure.” (17 Dicembre 2006)
  1. Uno scrittore nascosto

L’ultima caratteristica di Lucidio scrittore che voglio delineare riguarda l’attribuzione dei suoi scritti. Per noi quando si parla di un libro, pensiamo subito al suo autore che deve essere scritto in bella mostra in alto sulla copertina; a cui devono essere pagati i diritti d’autore da parte della casa editrice. Pensiamo al reato di plagio nel caso qualcuno si permette di copiare qualche parte del libro senza citare il suo autore. Insomma il libro è proprietà di chi lo ha scritto e a lui devono essere riconosciuti specifici diritti. Niente di più lontano da parte di Lucidio.

Lucidio non faceva mai scrivere il suo nome sui suoi libri. Fin dall’inizio aveva “tradotto” il suo nome con uno pseudonimo bengalese: Prodip, che in bengalese significa “lampada” e che richiamava il suo nome, Lucio o Lucidio. Pertanto nei pochi libri dove faceva scrivere il proprio nome, troviamo Prodip. Ma nella maggior parte dei suoi libri, soprattutto in quelli destinati direttamente alle scuole e agli alunni, il suo nome non compariva mai, ma piuttosto il nome dei suoi collaboratori o della scuola da cui operava, il Matamuhuri College di Lama.

Scrive il 3 settembre 2001, mentre sta parlando della pubblicazione del gran libro destinato a tutta la classe: “Prima di ristamparlo sto tentando a nome loro di avere il permesso di introdurlo nelle scuole statali della zona.  Gli autori saranno loro e ne avranno tutta la gloria, nessuno potrà dire che è uno straniero che lo ha fatto. Se riesco a questo vorrei un piccolo monumento (in terracotta, 152 cm) perché, per ragioni tattiche, sto cancellando il mio nome da tutto quel che scrivo e che faccio, e nessuno sa più che esisto”.

E l’8  giugno 2006 ci racconta di una sua sorpresa: “Ho trovato nelle scuole pubbliche, tale e quale, un libro di racconti per elementari, una sessantina, con figure e tutto, che, perbacco, avevo fatto stampare io tre anni fa a Chittagong. Il Board of Education me l’ha rubato senza dirmi niente …  debbono averlo ristampato in migliaia di copie (senza chiedermi un soldo per la stampa stavolta).  É vero che non c’era neanche il mio nomeÈ così che io predico il vangelo con la lettera minuscola.

Intervento di Franco Pignotti sulla figura di Lucidio scrittore

Intervento di Franco Pignotti sulla figura di Lucidio scrittore

Conclusione

Da questo percorso intessuto di testimonianze personali dello stesso Lucidio o di alcune persone che gli sono state particolarmente vicine, emerge nettamente la figura di una persona che si è immersa totalmente nella realtà del popolo che ha scelto di servire. Una conversione profonda sia esistenziale che linguistica, fino a cancellare il suo nome e la sua persona, perché ciò che voleva emergesse doveva essere la vita piena e gioiosa della gente che aveva scelto di servire e soprattutto dei suoi ragazzi. I suoi racconti, le sue favole, le sue novelle, parte delle quali –  davvero una piccola parte – sono state tradotte e sono ora disponibili in italiano in questi libretti IL POZZO DEL CONIGLIO, sono una testimonianza di questa sua tensione mirante al riscatto del popolo bengalese, della gente dei suoi villaggi, dei suoi splendidi e meravigliosi bambini e bambine. Costituiscono quel “vangelo secondo Lucidio” o “vangelo con la lettera minuscola” come lo definisce tante volte lui stesso nelle sue lettere, che era il suo modo di predicare il Vangelo, “… dove Cristo poveretto non è mai nominato ma è sempre Lui che parla” (26 Novembre 2006).  Del resto, la gente per cui lavoro non è cristiana né vuole diventarci, dunque i vescovi di qui non sono interessati a dividere con loro le risorse che hanno. Io quel poco che ho lo divido fra tutti. Dio lavora per i non cristiani i quattro quinti del suo tempo: non dovrebbe prendersela con me se faccio lo stesso” (20 Agosto 2005).

Questi racconti che presentiamo ora tradotti in italiano, per i valori che presentano, parlano però non solo ai bengalesi, ma anche a noi che viviamo nel mondo più fortunato, e parlano ai nostri ragazzi, come scrive Marco Moschini nella sua prefazione: “Questi racconti ci consegnano valori che, se coltivati, possono portare al riscatto dell’intero popolo per cui sono stati pensati (quello del Bangladesh, uno dei più poveri del mondo) ma anche di quei milioni di giovani di ogni Paese che, pur benestanti (o forse proprio per questo) si fanno trasportare dalla corrente dell’indifferenza, del qualunquismo, dell’intolleranza, dell’individualismo estremo e della prevaricazione come metodo.” (MOSCHINI M., I racconti del riscatto, in CECI L., Il pozzo del coniglio, volume introduttivo, p. 5)

Ed è per questo motivo che abbiamo voluto dare la possibilità al Maestro Lucidio di poter parlare anche a noi e ai nostri ragazzi. Perché il mondo è formato da una unica famiglia.

 

Intervento di don Pierluigi Ciccarè

Intervento di don Pierluigi Ciccarè



[1] Tutte le citazioni riferite a Lucidio Ceci sono tratte dal suo epistolario CECI LUCIDIO, Il Vangelo secondo Lucidio. Storia di una rivoluzione scolastica sulle colline di Chitagong, pubblicato in proprio da ALOE, Fermo 2015

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