Marcia per la Solidarietà e la Pace 2022

Si è svolta come da programma, nella Domenica del 5 Giugno 2022, la 18° edizione della Marcia per la solidarietà, nella splendida cornice della macchia mediterranea che si stende tra i due gioielli di paesi Smerillo e Montefalcone; complice il bel tempo e il cielo leggermente nuvoloso che ha permesso di non soffrire tanto il caldo che imperversa in questi giorni.

La camminata nel bosco

A partire dalle ore 9.00 si sono ritrovate un centinaio di persone, alcune veterane di marce precedenti, altre alla loro prima occasione, presso la piazza di Smerillo, dove i volontari di Aloe avevano avevano organizzato banchetti informativi e di oggettistica tipica dell’associazione (libri, magliette, gadget missionari in genere), caffè e dolci per una colazione sostanziosa prima di incamminarsi per il bosco.

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Dopo il saluto inziale a tutti i partecipanti da parte del sindaco del paese, Antonio Vallesi, la Marcia prende l’avvio con la lettura della splendida lettera che il compianto Lucidio Ceci (in appoggio al cui progetto scolastico la marcia stessa era stata ‘inventata’), ci aveva inviato nel maggio del 2012; la stessa lettera che a partire dal maggio 2014, ad appena due mesi dalla sua scomparsa, è stata scritta sulla pietra nella piazza di Smerillo in occasione della nuova denominazione “Piazza della solidarietà – Lucidio Ceci”, decisa dall’amministrazione comunale di allora, retta da Egidio Ricci.

Il paese delle fate – Lettera di Lucidio Ceci per la marcia del 2012

Una delle carateristiche più importanti della marcia stessa è sempre stato l’abbianamento fra l’aspetto ambientalista, la solidarietà con il bellissimo ambiente naturale del bosco, e l’aspetto universalista: le testimonianze missionarie. Anche in questa edizione, la camminata nel bosco è stata inframmezzata pertanto da soste durante le quali sono state lette lettere e messaggi fatteci pervenire per l’occasione dai vari missionari e volontari in rapporto con l’associazione: Ermelinda Sergolini dalla Bolivia, padre Mario Bartolini dal Perù, Tommaso Lombardi dal Brasile, Martina e Sirio dal Sudan, don Ernesto Villa dalla Tanzania, Abuna Jihad Youssef dalla Siria e padre Pierluigi Lupi dal Bangladesh.

Alcuni di questi messaggi sono stati un semplice saluto, come quello di padre Mario Bartolini, o un collegamento telefonico diretto, come quello di Tommaso Lombardi, oppure un file audio come quello di don Ernesto Villa, fratello di padre Rdemo recentemente scomparso. Altri sono stati dei testi scritti, che potrete trovare qui di seguito.

Anche in questa edizione light della nostra marcia, che ha fatto seguito a due anni di pausa a causa del Covid, non è mancato l’aspetto del divertimento, grazie all’animazione di Simone Palazzo e di Alice Ciccolini e rispettivi partner di animazione.

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La giornata è terminata a Smerillo con una bella celebrazione eucaristica presideduta dal missionario don Italo Conti che ha trascorso quasi metà della sua interca vita, ben 37 anni, nella sua missione di Anatugia, in Argentina. Apprezzatissima la sua testimonianza missionaria, che anche se risalente ormai a 18 anni fa, è apparsa freschissima attraverso le sue parole.

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Al termine della giornata ci siamo salutati dandoci appuntamento al prossimo anno per la 19° edizione. Un grosso ringraziamento alle amministrazioni comunali di Smerillo e di Montefalcone Appennino per la collaborazione, in modo particolare alla Pro-loco di Smerillo per tutto il supporto tecnico offerto alla organizazione della marcia stessa.

 

Lettere e messaggi dei missionari per la marcia

 

Dalla BOLIVIA, Ermelinda Sergolini

Montero 27 /05/ 2022

Carissimi amici di Aloe e carissimi partecipanti alla 18 marcia della solidarietà

 Sono Ermelinda, Missionaria dell’Immacolata Padre Kolbe in Bolivia già da quasi 30 anni, precisamente a Montero nella regione tropicale di Santa Cruz de la Sierra. Provengo da Mogliano provincia di Macerata la parte di questa  archidiocesi con qualcuno di voi già ci conosciamo personalmente con altri invece forse solo per esserci incotrati nel 20 anniversario della vostra fondazione.

Grazie nuevamente per questa possibilità di camminare idealmente insieme a voi. In questo tempo dopo la pandemia che ha toccato tutto il mondo, stiamo riprendendo le nostre attività anche se la macchina della solidarietà e della vicinanza alle nostre famiglie che assistiamo non si è mai fermata. Le famiglie che in questo momento stiamo aiutando attraverso il nostro Centro di promozione integrale Arco iris de la Alegria sono circa 150… Attraverso il centro che non vuol essere un centro di assistenzialismo ma di formazione integrale cerchiamo di arrivare ad ognuna di loro offrendo loro: alimenti una volta al mese, spazi di formazione sia per i bambini e ragazzi che formano parte del progetto sia dei genitori., doposcuola, lezioni di robotica, sport ( siamo alle prese per costruire un campo sportivo coperto affinchè  anche quando piove possano allenarsi). In questi mesi stiamo anche intentando a formare le mamme con piccoli progetti produttivi, per la prima volta in maggio hanno partecipato ad una fiera esposizione dove hanno potuto presentare i loro prodotti e così far fruttificare il negozio a questo propósito stiamo anche offrendo corsi brevi di pasticceri e belleza. Oltre a questo aspetto stiamo favorendo piccoli progetti di carattere sanitario qui la salute è ancora riservata ai ricchi….. e per tante persone è molto difficile sostenere le spese delle cure.

Buon camino carissimi Amici e non dimenticatevi di pregare per me e per noi affichè possiamo avere un cuore di madre per ognuno di questi fratelli

Con affetto e gratitutdine Ermelinda

 

Dal SUDAN, Martina e Sirio

Carissimi,

come state?

Siamo Sirio e Martina e in questo momento vi scriviamo dal Sudan. Siamo una coppia sposata e da diversi anni abbiamo nel cuore il desiderio di spendere la nostra vita per chi ha molto meno di noi occidentali. Dopo anni di esperienze estive di volontariato in Sud America (Paraguay) e Africa (Kenya, Senegal, Guinea Bissau, R.D. Congo e Sudan), da qualche mese abbiamo lasciato i nostri lavori a tempo indeterminato per buttarci in questo nostro sogno.

Attualmente nello specifico siamo a Khartoum impiegati come Amministratore e Educatrice. Il Sudan è un paese molto difficile da tanti punti di vista: purtroppo la critica situazione politica rende il paese molto instabile e ci sono proteste quotidiane, nonché coprifuochi continui. Il clima è tremendo perché la temperatura non scende quasi mai sotto i 40 gradi e la popolazione è estremamente povera. Nonostante tutte le difficoltà che ci troviamo ad affrontare ogni giorno, non possiamo non notare la gentilezza delle persone e la loro propensione alla condivisione.  A questo proposito vorremmo condividere con tutti voi una nostra riflessione scritta durante il mese del Ramadan che esprime bene lo spirito altruista di questo popolo.

Buona lettura e un caro (e caldo) saluto sudanese.

RAMADAN KAREEM

Il 1 aprile e’ iniziato il Ramadan e la frase piu’ ricorrente sentita in occasione del mese sacro per il mondo musulmano e’ “Ramadan Kareem”.

La traduzione letterale di questo augurio sarebbe “Che il Ramadan sia generoso” e racchiude in se’ lo spirito di questo mese, ossia la generosita’ nei confronti del prossimo, il concetto di condivisione e unione. I ritmi di lavoro sono rallentati, la vita e’ piu’ lenta rispetto agli altri periodi dell’anno, ma tutto riprende verso le 6:00 di sera con il canto del Muezzin. La voce che risuona ovunque dall’alto dei minareti indica la rottura del digiuno e la possibilita’ di bere e mangiare tutti isieme per le vie della citta’. E’ molto bello camminare per le strade di Omdurman durante l’Iftar (il pasto che rompe il digiuno) perche’ si vedono grandi tappeti colorati a terra e molte persone, la maggior parte uomini perche’ le donne stanno in casa con i figli, seduti insieme che consumano succhi di frutta e cibo tipico sudanese servito in grandi vassoi circolari al centro del tappeto. Vedere la condivisione di questo pasto serale e soprattutto ricevere molti inviti da perfetti sconosciuti per la strada ci fa molto piacere e ci fa sentire parte di questo mondo a volte cosi’ lontano dai nostri schemi e dai nostri valori.

Un giorno passeggiando abbiamo incontrato il fruttivendolo da cui ogni tanto compriamo manghi e banane. Era seduto sul tappeto insieme ai suoi amici e non appena ci ha visti si e’ alzato e ci ha portato un bicchiere di succo di datteri molto fresco e dolce.  Non parla inglese e noi non parliamo arabo, ma siamo riusciti a ringraziare il suo gesto generoso e a fargli capire che il succo era molto gustoso.

Finito il pasto che dura circa mezz’ora, la citta’ si sveglia dal torpore della giornata calda, la gente esce, i negozi e i ristoranti si riempiono di persone e questo fino a tarda notte, prima che la gente torni a riposare per poi ricominciare il digiuno verso le 4:00 di mattina.

Sicuramente il Ramadan e’ un mese di sacrifici e difficile per tutti, anche per noi occidentali che spesso fatichiamo a capirne il senso e ad adattarci alla lentezza dei ritmi. Non e’ semplice accettare come tutto rallenti quando invece ci sarebbe molto da fare e quando siamo cosi’ abituati a ritmi serrati. Al centro OVCI abbiamo ancora parecchio materiale da donare e distribuire ma le famiglie spesso non si presentano, lo stesso vale per gli appuntamenti che i bimbi hanno con le fisioterapiste. Ci arrabbiamo perche’ per strada e’ difficile trovare i tirhal (taxi) per spostarsi e se si desidera mangiare qualcosa, non tutti i ristoranti sono aperti e puo’ essere difficile trovare qualcosa anche ai Dukan (piccoli supermercati) perche’ sono chiusi, soprattutto fuori dalla citta’ e dai centri piu’ abitati. La gente sembra molto stanca e in alcuni casi sofferente durante le ore centrali del giorno e ci chiediamo quotidianamente che senso abbia tutto cio’, ma ogni volta che chiediamo ai locali come fanno a sopportare questa fatica, ci rispondono con un sorriso dicendo che ci si abitua e che comunque sono forti in nome di Allah. Ci sorprende la loro forza di volonta’ e dedizione che sicuramente nel nostro mondo tanto individualista abbiamo perso e ancora di piu’ il senso dell’attesa che rende il momento conviviale del pasto ancora piu’ bello e prezioso.

 Ramadan Mubarak (che il Ramadan si benedetto e generoso) a tutti!

 Martina Luchi, Sirio Cingolani

 

Dalla SIRIA, Abuna Jihad Youssef

Carissimi amici, pace e bene.

Pace a voi che fate la marcia per la pace. Ogni sforzo per la pace, fatto e compiuto con sincerità porterà il suo frutto a suo tempo. Possa ogni vostro passo essere una goccia di pioggia di pace che scolpisce la dura pietra dell’ingiustizia, del dolore, della discriminazione, dell’egoismo e della guerra.

Chiedo a Dio, buono e misericordioso, di far spuntare rose e fiori sulle vostre orme, sulla terra che calpestate durante il vostro pellegrinaggio.

Alle volte, nonostante le fatiche e l’impegno, i risultati possono essere o sembrare scarsi, insoddisfacenti e soprattutto non immediati. Dalla mia esperienza vi dico: coraggio, non temere, non mollare, alziamo il nostro capo, il nostro sguardo su e guardiamo la nostra meta, guardiamo l’orizzonte. Anche se sembra ancora lontana, camminare è già arrivare, le distanze attraversate fanno parte della meta da raggiungere.

Grazie che ci siete, buon cammino.

 

Dal BANGLADESH, padre Pierluigi Lupi

MESSAGGIO IN OCCASIONE DELLA 18* EDIZIONE IN MARCIA PER LA SOLIDARIETÀ

 

“Nel profondo della foresta del Turak,

là, dove crescono le erbe velenose

là , crescono anche le erbe curative .”

 

Chissà perché,

quando mi è stato chiesto di inviarvi un breve messaggio,

dal Bangladesh,

in occasione della diciottesima edizione di

IN MARCIA PER LA SOLIDARIETÀ,

l’accavallarsi dei mie pensieri,

come un’onda prepotente,

mi ha riproposto questo detto della minoranza etnica dei Garo

( popolazione che vive al Nord del Bangladesh e nel Nord-Est dell’India )

 

Sarà perché questa marcia è tra i boschi ….

un ritorno ravvicinato con la natura e tutto ciò

che è stato creato … che tanto ha ancora da comunicarci;

 

sarà perché la situazione che stiamo vivendo

si snoda tra realtà vicine di morte e di vita,

di relazioni violentemente lacerate …

come di altre spontaneamente e amorevolmente create;

 

sarà perché il mistero del MALE …

ci resta incomprensibile … ci confonde

e il mistero del BENE …

non sempre ci attira e ci convince

nel suo invito ad unirci per percorrere sentieri di pace e di solidarietà.

 

Da Smerillo a Montefalcone …

dalle Marche al Bangladesh …

da qualsiasi parte ci troviamo …

marciare, coinvolgersi per la Solidarietà e la Pace

richiede a tutti di fare gli stessi passi

e di coltivare nel proprio profondo

erbe che danno, rafforzano e curano la vita …

ed estirpare quelle che la soffocano e la avviliscono:

 

Che cos’ è la vita ?

Che cos’è la pace?

Cos’è la solidarietà …

 

se non una globale catena di relazioni positive e operative con ogni vita creata,

umana e non, …

relazioni determinate non da ragioni politiche, economiche o da qualsiasi

interesse di parte,

ma rese possibili dalla profonda convinzione che

ogni vita creata è stata creata per interagire ed alimentare la vita di altri e,

così facendo, far maturare e realizzare la propria esistenza.

 

Ciò che alimenta e fa crescere la pace e la solidarietà

è il coraggio e il rischio di incontrarsi,

è lo sguardo che si immerge nello sguardo dell’altro

per trovare se stesso,

è la mano che stringe la mano e … insieme si riaprono per

per far fronte alle fatiche e alle gioie della vita di ogni giorno,

è il pane spezzato e il vino condiviso attorno ad unica mensa

… sapori e odori che fanno famiglia.

 

La marcia per la solidarietà e la pace

che Lucidio Ceci,

nella sua vita e nella sua missione qui in Bangladesh,

con passione e coraggio,

ha condiviso con voi per lunghi anni

possa ancora oggi,

un oggi lacerato e teso per l’irruzione di erbe velenose

entusiasmarci

e, chinandoci nel profondo del nostro essere,

continuare a coltivare erbe curative

che sappiano guarire e rinvigorire

realtà di solidarietà e di pace

dentro di noi e attorno a noi….

A tutti noi auguri reciproci di un Buon Cammino ….

 

P. Pier Lupi s.x. BANGLADESH. 05.06.2022

 

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La Marcia per la Solidarietà
compie 18 anni

Dopo due anni di pausa dovuta alla pandemia, torna la Marcia per la Solidarietà Smerillo – Montefalcone, che questo anno raggiunge la sua maggiore età: 18° edizione! Domenica 5 Giugno 2022, ore 9:00 ritrovo presso la Piazza della Solidarietà – Lucidio Ceci, a Smerillo. 

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La marcia per la Solidarietà Smerillo – Montefalcone, giunge quest’anno alla sua 18° edizione. 18 anni sono un traguardo – la maggiore età – e un punto di partenza: un futuro adulto! Fra l’altro questa nuova edizione arriva dopo una pausa di due anni dovuti alla pandemia e ha quindi anche il sapore di una nuova nascita e di tanta resilienza!

Una marcia per la solidarietà in un tempo di guerra che è tornato in maniera assurda a bussare al cuore dell’Europa … un tempo di guerra fortemente ora sentito da tutti, ma che è stato costante in tutti questi anni per le tante guerre che si combattono continuamente nel mondo e di cui facciamo fatica persino a pensarle. Il 18° compleanno della nostra MARCIA PER LA SOLIDARIETA’ come un sfida di PACE lanciata in faccia a tutte quelle forze che scatenano direttamente le guerre o che le provocano con le loro scelte aggressive.

Insieme a papa Francesco e alla sua bellissima lettera enciclica FRATELLI TUTTI, noi sogniamo insieme – il tema del nostro corso formativo dello scorso anno, I SOGNI SI COSTRUISCONO INESIEME –  un  mondo di fratelli e sorelle che sanno fare tesoro delle loro diversità e le fanno diventare ricchezze. Sogniamo un mondo dove il porre confini fra le nazioni venga sentito finalmente come un crimine insopportabile; un mondo dove non abbia più senso invadere confini altrui, perché l’unico confine è la circonferenza del pianeta, la nostra casa comune.

Lucidio Ceci alla Marcia

Lucidio Ceci alla Marcia

La nostra marcia è sempre stata una piccola marcia, una semplice camminata nelle zone boschive fra i comuni di Smerillo e di Montefalcone Appennino, nella quale abbiamo voluto unire amore per l’ambiente, divertimento e apertura alle problematiche dei popoli poveri del Sud del Mondo, dove operano i nostri amici missionari originari del nostro territorio. La marcia infatti è nata nel 2004 per appoggiare uno straordinario missionario originario di Montegiorgio, LUCIDIO CECI, che ha operato per oltre cinquanta anni nel BANGLADESH al servizio dell’educazione scolastica dei figli e delle figlie delle popolazioni tribali di quel paese già di per sé poverissimo. In quella prima marcia camminò con noi anche Lucidio  Ceci, tornato temporaneamente in Italia.  Negli anni successivi, poi, abbiamo abbinato alla marcia quasi sempre una raccolta fondi attraverso una lotteria, per sostenere, accanto al progetto del Bangladesh, anche altri due progetti di altri missionari in altre parfti del mondo.

Come è nata la marcia?

Ma come è nata, in quell’ormai lontano 2004, l’idea di questo piccolo evento locale con nel cuore i confini del mondo?

Eravamo venuti a conoscenza di Lucidio appena qualche anno prima e avevamo iniziato ad appoggiare il suo progetto scolastico adottando delle classi: 600 euro per ogni classe, dei quali 300 euro per lo stipendio annuale del maestro e 300 euro per le spese didattiche (libri, penne e quaderni) di una classe di circa 40 alunni ed alunne. Io insegnavo all’Istituto Tecnico Montani di Fermo, dove con il mio amico Gaetano Marini, applicato di segreteria, avevamo costituito, già da qualche anno, un gruppo fra colleghi e amici, per sostenere una decina di adozioni a distanza prima in Indonesia e poi nel Benin, sempre attraverso qualche amico missionario di Aloe. Io e Gaetano decidemmo di aggiungere anche l’adozione di due delle classi bengalesi di Lucidio. Avremmo dovuto trovare altri 1.200 euro, senza andare ad intaccare la raccolta per le dieci adozioni che già seguivamo. Ci venne l’idea di organizzare un bell’evento che avrebbe fatto divertire tutta la comunità scolastica e ci avrebbe procurato la somma di cui avevamo bisogno: una bella sfida calcistica fra studenti e docenti presso lo stadio Recchioni. Detto fatto: tramite amici chiedemmo l’uso gratuito dello stadio Recchioni e la Dirigente scolastica rispose positivamente alla nostra proposta. Agli studenti – ovviamente molto felici di poter saltare un giorno di scuola, umiliare sportivamente i docenti e poter giocare presso lo stadio cittadino – chiedemmo un biglietto simbolico di due euro ciascuno, spiegando loro che in realtà quei due euro sarebbero stati destinati al sostegno di due classi scolastiche in Bangladesh. Per due anni (anni 2002 e 2003) potemmo organizzare questo bellissimo evento scolastico e raccogliere grosso modo la somma necessaria alle due adozioni scolastiche! Nel 2004 la Dirigente scolastica, adducendo non ricordo quale motivazione, non ci diede il permesso di ripetere lo steso evento degli anni precedenti. Nacque così il problema di come raccogliere i 1.200 euro necessari per mantenere il nostro impegno nei confronti delle due classi adottate.

Franco, Egidio e Gaetano, i fondatori della Marcia per la Solidarietà

Franco, Egidio e Gaetano, i fondatori della Marcia per la Solidarietà

Mentre al banco del bar della scuola io e Gaetano stavamo prendendo insieme il nostro solito caffè di metà mattinata e ragionavamo di questo, non senza qualche parola scortese nei  confronti della Preside, ad un certo punto a Gaetano venne una bella idea: perché non organizziamo una camminata a Smerillo invitando studenti e famiglie a partecipare, chiedendo loro qualche euro a testa come piccolo contributo per la marcia? In questo modo avremmo potuto rifare la stesa cosa al di fuori della scuola: organizzare un evento di divertimento e raccogliere i fondi necessari per continuare a sostenere le due classi in Bangladesh.

Detto fatto! Ci organizziamo per andare a Smerillo ad incontrare il sindaco Egidio Ricci e sottoporgli la cosa. Egidio ne fu subito entusiasta, ma proprio in quel periodo stava iniziando la sua grande battaglia e avrebbe dovuto fare un primo intervento chirurgico. Posticipiamo pertanto il nostro incontro dandoci  appuntamento successivamente all’intervento.  Gaetano ricorda poi, che nel giorno fissato per incontrarci a Smerillo con Egidio ancora in convalescenza, io avevo diverse linee di febbre, ma volli ugualmente andare dopo essermi imbottito di tachipirina. Le cose belle devono sempre sostenere una sorta di battesimo; e quello fu il battesimo della nostra marcia per la solidarietà che quasi venti anni dopo, stiamo ancora organizzando.

Franco Pignotti

Locandina della 18° edizione della Marcia

Locandina della 18° edizione della Marcia

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La questione dell’immigrazione
e le opportunità che essa offre

Siamo arrivati all’ultimo incontro del nostro percorso formativo I SOGNI SI COSTRUISCONO INSIEME! VENERDI’ 19 NOVEMBRE, ORE 21.00, su piattaforma ZOOM, avremo come ospite il Dott. Kossi A Komla-Ebri medico e scrittore italo-togolese da sempre impegnato attraverso i suoi libri e i suoi incontri sulle tematiche dell’integrazione e dell’arrichimento reciproco fra “cittadini nativi” e “nuovi cittadini”. Un tema scottante dove “la fraternità” diventa davvero la cifra di una umanità nuova nella quale le diversità vengono percepite come ricchezza e non come minaccia.

Come sempre i nostri incontri possono essere seguiti tramite la diretta facebook o su piattaforma Zoom iscrivendosi a https://www.aloemission.org/formazione

KOSSI KOMLA EBRI

Presentiamo qui l’abstract di quello che sarà il suo intervento Venerdì 19 Novembre 2021

Nella mia lingua (Ewe), che è parlata oltre che in Togo anche in sud del Benin, Ghana e Costa d’Avorio per dire “straniero” si usa la parola “Amédzro” che vuole dire letteralmente: “La persona (Amé) desiderata (Dzro)”. In Italia oggi, di sicuro non possiamo dire che lo straniero sia una “persona desiderata”.

Da ogni parte tutti dicono: “Questi migranti, questi stranieri se vogliono essere accolti, si devono integrare“. Integrazione: un processo auspicabile ma minato da false verità e miti sul fenomeno migratorio. I più ricorrenti: “Siamo di fronte a un’invasione!” “Non c’è lavoro neanche per gli italiani, per cui non possiamo accoglierli!” “Poi ci rubano il lavoro e ci tolgono risorse per il welfare.” “Gli immigrati ricevono 35 euro al giorno per non fare niente e fra di loro ci sono i terroristi islamici che stanno sfruttando i flussi migratori per fare attentati e conquistare l’Europa!

Quante false verità! In questo mondo di fakenews, opinionisti ed influencers vari abbiamo perso il significato, il senso della verità. La sensazione è che indurre la gente a non credere in niente, suggerendo che la verità non esiste ed esistono solo le opinioni, tutte sullo stesso piano, è un passaggio necessario affinché la gente possa credere a tutto senza spirito critico.

In questo contesto suonano forti sulle migrazioni le parole del pontefice con l’enciclica “Fratelli tutti”. Francesco definisce l’accoglienza degli stranieri come luogo privilegiato per l’esercizio concreto della fraternità con quattro verbi: Accogliere, Promuovere, Proteggere, Integrare.

Ci soffermiamo sull’ultimo: Integrare. Quale integrazione? Cosa vuol dire integrarsi?

Sembrano molteplici le vie dell’integrazione ma passano tutte per la stazione “cultura”. Alcuni hanno seguito la via del multiculturalismo, altri quella dell’interculturalismo, transculturalità e intraculturalismo. Il pontefice suggerisce di mettersi in contatto con tutti per riscoprire l’Altro, le persone, le nostre similarità, riappropriarsi di una parola ormai considerata desueta la nostra fratellanza, la nostra comune cittadinanza umana.

Dobbiamo capire innanzitutto che l’Altro non è il nemico. Papa Francesco ammonisce a non cedere a queste pulsioni di paura e chiusura: «Una persona e un popolo sono fecondi solo se sanno integrare creativamente dentro di sé l’apertura agli altri». Potremo proporre l’Intraculturalismo come strategia, proposta ed azione: partire da ciò che abbiamo in comune. Dobbiamo superare la paura della altro e quella di perdere la nostra identità. Perché Identità e alterità sono fratelli siamesi nello spirito dell’Ubuntu.

Integrare vuol dire che io sono carente di qualche cosa che tu mi porti, che tu integri, che io integro, vuol dire che tu mi porti qualche cosa che io non ho, non che io ti fagocito o ti ghettizzo. Integrare vuole dire “rendere completo, aggiungendo ciò che manca” come facciamo appunto con gli “integratori”. L’Altro ci completerà con la sua lingua, con il suo dire, con il suo cibo, con i suoi sogni, con le sue perplessità, con la sua incompletezza.

La strada non è quindi quella di programmi assistenziali calati dall’alto, ma è da costruire insieme, (i sogni si costruiscono insieme), nel solco dei quattro verbi cari al papa: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Serve quindi un governo mondiale delle migrazioni, ma serve insieme un’azione dal basso «per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana».

La sfida non è solo quella di accogliere, ma di fare diventare l’altro davvero la persona desiderata e prendersene cura. La civiltà è un aiuto comunitario. La fratellanza è un segno tangibile di civiltà.

 

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La nascita di Aloe, 23 anni fa.

Ventitre anni fa, quando tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre del 1998 demmo vita alla associazione missionaria Aloe, tutto potevamo immaginare, meno che nel lontano 2021 saremmo stati ancora vivi e vegeti.

Logo_grande Aloe

Personalmente provenivo da cinque anni di volontariato internazionale in Zambia insieme a mia moglie e ai miei figli, cinque anni meravigliosi che avevano segnato per sempre la nostra vita nel segno della condivisione e della solidarietà. Ma anche dalla sensazione amara di una sostanziale solitudine di questa nostra esperienza: il nostro territorio non ci aveva accompagnato in alcuna maniera durante questi cinque anni e soprattutto al nostro rientro non aveva mostrato alcun segno di interesse per quanto avevamo vissuto al servizio dei nostri fratelli e sorelle più. Non volevo che esperienze così belle e ‘politicamente’ rilevanti per una vera coscienza della mondialità, restassero per il futuro mute e inascoltate.

Fu così che, condividendo queste riflessioni con un missionario da poco rientrato in Italia dopo una lunga permanenza nella foresta amazzonica colombiana, padre Beppe Svanera dei Missionari della Consolata di Santa Maria a Mare, nacque l’idea di mettere in rete persone del nostro territorio comunque sensibili alle problematiche della Missione, riallacciando legami e storie che pure nel passato si erano avuti. Venti anni prima (quindi ora quaranta anni fa), attorno alla comunità dei missionari di Santa Maria a Mare era sorto, a partire dalla seconda metà degli anni settanta e fino ai primi anni ottanta, un bel movimento missionario tra adolescenti dei diversi paesi del fermano, animato da giovani missionari presenti in quella comunità, che poi erano partiti per diverse destinazioni missionarie. Il movimento missionario giovanile si era esaurito, ma ne restava la nostalgia in tante persone allora adolescenti.

Insieme a padre Beppe Svanera, nel maggio del 1997 – con la mia famiglia eravamo rientrati dallo Zambia nel luglio dell’anno precedente e padre Beppe era rientrato dalla Colombia e assegnato alla fraternità di Santa Maria a Mare più o meno nello stesso periodo – iniziammo ad organizzare giornate mensili di convivenza nel segno della missionarietà, dando spazio alle testimonianze di qualche missionario disponibile e cercando di riallacciare rapporti con tutte quelle persone che venti anni prima, da adolescenti, avevano frequentato il centro missionario di Santa Maria a Mare.

Mamma AloeE’ stato nell’ambito di queste giornate di convivenza e di formazione che emerse la disponibilità da parte di una delle persone che vi partecipavano, Peppe De Rosa, di partire per una lunga esperienza di volontariato internazionale. Peppe De Rosa era falegname e la ONG con la quale avevo lavorato i miei ultimi due anni nello Zambia, il COE di Milano, stava cercando in quel periodo un falegname per riattivare un progetto di falegnameria. E fu così che nacque la prospettiva concreta per il nostro amico di partire per i suoi due anni di missione. Ma tutto era nato nell’ambito del gruppo di persone che si ritrovavano mensilmente a Santa Maria a Mare. La partenza di Peppe sarebbe stata un po’ anche la partenza di tutte le persone del gruppo. Il passo da questo sentimento alla decisione di impegnarci formalmente per camminare con lui attraverso una associazione di volontariato fu breve. E prima che Peppe partisse, all’inizio del dicembre 1998, l’associazione missionaria Aloe era già nata. Negli anni successivi Aloe cominciò ben presto ad appoggiare missionari e volontari provenienti dal nostro territorio e operanti nei territori del mondo. Fu così che pezzetti di storia della Siria, del Bangladesh, della Colombia, del Perù, dell’Etiopia, dello Zambia, della Tanzania, delle Filippine, del Togo, del Benin, dell’Egitto, del Brasile, dell’Ecuador ecc. sono pian piano diventati pezzetti anche di storia nostra, almeno di tutte quelle persone che in questi anni ci sono state vicine o hanno camminato un po’ anche con noi.

Buon compleanno Aloe!

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Don Gabriele: prete dal cuore missionario

Dopo le celebrazioni a ricordo don Gabriele Moroncini nell’anniversario della sua scomparsa, da parte delle parrocchie di Carassai e di Rubbianello, anche l’associazione Aloe presenta una iniziativa propria. Con questa iniziativa Aloe non si propone di commemorare il primo anniversario della morte, ma uno degli  aspetti della vita e della pastorale di Don Gabriele tra i più sentiti da lui, la sua attenzione al mondo dei missionari, attenzione che Don Gabriele ha vissuto accanto all’associazione Aloe ed in collaborazione con essa.

A testimonianza di questa attenzione costante negli anni e molto profonda, proponiamo una Mostra fotografica che è stata allestita all’interno della chiesa di Carassai , dove rimarrà per tre domeniche consecutive, da domenica 24 ottobre a domenica 7 settembre. La scelta di domenica 24 ottobre è dovuta al fatto che questa domenica, per tutta la chiesa cattolica mondiale, è la Giornata Missionaria Mondiale, che cade sempre nella penultima domenica del mese di ottobre, che è il mese missionario per eccellenza.

 

La collaborazione fra l’associazione missionaria Aloe e don Gabriele Moroncini, già iniziata negli ultimi anni della presenza di don Gabriele a Rubbianello, si è particolarmente realizzata negli anni della sua presenza a Carassai. Come i carassanesi sanno molto bene, ogni volta che un missionario della nostra diocesi tornava in Italia, veniva invitato a portare la propria testimonianza nella bella Chiesa di Carassai, come le foto della mostra possono visivamente dimostrare. Veramente grazie al cuore missionario di Don Gabriele, la comunità carassanese è stata invitata a respirare l’aria del mondo e della cooperazione fra le chiese più diverse, dalle Filippine, alla Siria, al Perù, alla Colombia, al Brasile, all’Etiopia, al Camerun e a tanti altri paesi dei diversi continenti. L’apertura di Don Gabriele alla Cooperazione fra le Chiese, si è manifestata in maniera molto particolare nelle liturgie nei diversi Riti orientali, diversi dal Rito latino tipico della chiesa cattolica occidentale: il Rito siro-cattolico con Abuna Jihad Youssef, monaco siriano; il Rito cattolico orientale con il prete uxorato romeno don Robert Popa e il Rito orientale della Chiesa Italo-albanese con papas Giuseppe Bellizzi; le giornate dell’amicizia italo-romena e quella dell’amicizia italo-albanese, iniziative assolutamente innovative nel nostro territorio.

Franco Pignotti presenta la mostra a Carassai

Franco Pignotti presenta la mostra a Carassai

Con questa mostra l’associazione Aloe si propone non solo di non dimenticare e di fare memoria di quesrti bei momenti vissuti dalla comunità carassanese in vera apertura con il mondo intero, ma anche di offrire l’esempio di questo aspetto della pastorale di Don Gabriele come qualcosa da portare avanti con coraggio e determinazione, non solo a Carassai, ma nell’intera diocesi, soprattutto in questa chiesa di papa Francesco e nel mondo delineato dalla sua ultima enciclica Fratelli Tutti.

Don Jacob Elyas Thundathil

Don Jacob Elyas Thundathil

Un ringraziamento particolarmente caloroso va a don Jacob Elyas Thundathil, il sacerdote che attualmente ha l’incarico della parrocchia di Carassai per aver accolto con entusiasmo la proposta di questa mostra su questo aspetto particolare della pastorale del suo predecessore. Da questo punto di vista è veramente interessante il fatto che lo stesso Don Jacob proviene da una delle Chiese orientali più antiche come quella dei cristiani dell’India. È come se fosse stato lo stesso don Gabriele a suggerire al Vescovo di dare il mandato a questo sacerdote indiano in modo che possa essere portato avanti lo spirito di apertura alla cooperazione fra le chiese che lui aveva impresso alla comunità di Carassai.

La mostra resterà disponibile presso la Chiesa di Carassai da domenica 24 ottobre a domenica 7 Novembre.

I 10 pannelli della mostra

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Mostra fotografica

Don Gabriele: prete dal cuore missionario

Dopo le celebrazioni a ricordo don Gabriele Moroncini nell’anniversario della sua scomparsa, da parte delle parrocchie di Carassai e di Rubbianello, anche l’associazione Aloe presenta una iniziativa propria. Con questa iniziativa Aloe non si propone di commemorare il primo anniversario della morte, ma uno degli  aspetti della vita e della pastorale di Don Gabriele tra i più sentiti da lui, la sua attenzione al mondo dei missionari, attenzione che Don Gabriele ha vissuto accanto all’associazione Aloe ed in collaborazione con essa.

A testimonianza di questa attenzione costante negli anni e molto profonda, proponiamo una Mostra fotografica che è stata allestita all’interno della chiesa di Carassai , dove rimarrà per tre domeniche consecutive, da domenica 24 ottobre a domenica 7 settembre. La scelta di domenica 24 ottobre è dovuta al fatto che questa domenica, per tutta la chiesa cattolica mondiale, è la Giornata Missionaria Mondiale, che cade sempre nella penultima domenica del mese di ottobre, che è il mese missionario per eccellenza.

 

La collaborazione fra l’associazione missionaria Aloe e don Gabriele Moroncini, già iniziata negli ultimi anni della presenza di don Gabriele a Rubbianello, si è particolarmente realizzata negli anni della sua presenza a Carassai. Come i carassanesi sanno molto bene, ogni volta che un missionario della nostra diocesi tornava in Italia, veniva invitato a portare la propria testimonianza nella bella Chiesa di Carassai, come le foto della mostra possono visivamente dimostrare. Veramente grazie al cuore missionario di Don Gabriele, la comunità carassanese è stata invitata a respirare l’aria del mondo e della cooperazione fra le chiese più diverse, dalle Filippine, alla Siria, al Perù, alla Colombia, al Brasile, all’Etiopia, al Camerun e a tanti altri paesi dei diversi continenti. L’apertura di Don Gabriele alla Cooperazione fra le Chiese, si è manifestata in maniera molto particolare nelle liturgie nei diversi Riti orientali, diversi dal Rito latino tipico della chiesa cattolica occidentale: il Rito siro-cattolico con Abuna Jihad Youssef, monaco siriano; il Rito cattolico orientale con il prete uxorato romeno don Robert Popa e il Rito orientale della Chiesa Italo-albanese con papas Giuseppe Bellizzi; le giornate dell’amicizia italo-romena e quella dell’amicizia italo-albanese, iniziative assolutamente innovative nel nostro territorio.

Con questa mostra l’associazione Aloe si propone non solo di non dimenticare e di fare memoria di quesrti bei momenti vissuti dalla comunità carassanese in vera apertura con il mondo intero, ma anche di offrire l’esempio di questo aspetto della pastorale di Don Gabriele come qualcosa da portare avanti con coraggio e determinazione, non solo a Carassai, ma nell’intera diocesi, soprattutto in questa chiesa di papa Francesco e nel mondo delineato dalla sua ultima enciclica Fratelli Tutti.

Un ringraziamento particolarmente caloroso va a don Jacob Elyas Thundathil, il sacerdote che attualmente ha l’incarico della parrocchia di Carassai per aver accolto con entusiasmo la proposta di questa mostra su questo aspetto particolare della pastorale del suo predecessore. Da questo punto di vista è veramente interessante il fatto che lo stesso Don Jacob proviene da una delle Chiese orientali più antiche come quella dei cristiani dell’India. È come se fosse stato lo stesso don Gabriele a suggerire al Vescovo di dare il mandato a questo sacerdote indiano in modo che possa essere portato avanti lo spirito di apertura alla cooperazione fra le chiese che lui aveva impresso alla comunità di Carassai.

La mostra resterà disponibile presso la Chiesa di Carassai da domenica 24 ottobre a domenica 7 Novembre.

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La radici francescane dell’enciclica Fratelli Tutti

Primo incontro del percorso formativo sull’enciclica FRATELLI TUTTI di papa Francesco su piattaforma digitale ZOOM, venerdì 21 Maggio 2021, ore 21.oo. ISCRIZIONE:  https://www.aloemission.org/formazione

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Siamo lieti di presentare il nostro primo appuntamento del percorso formativo sull’Enciclica Fratelli Tutti, I sogni si costruiscono insieme, in programma per Venerdì 21 Maggio. Iniziamo con una tematica assolutamente preliminare, le “radici francescane” della stessa enciclica. Del resto, l’ispirazione francescana, a partire dal nome stesso assunto da papa Bergoglio, è il cuore profondo di questo pontificato, come troviamo chiaramente scritto nel n. 10 della precedente enciclica Laudato Si’, il cui nome, come in questo caso della Fratelli Tutti, è stato preso dalle parole stesse di Francesco d’Assisi. Questo primo appuntamento pertanto, pur centrato sulla Fratelli Tutti, riguarda in realtà un aspetto cruciale di tutto il pontificato di papa Francesco.

PietroMaranesiAbbiamo affidato la presentazione di questo argomento ad uno studioso che è oggi tra i massimi esperti in Italia sul Francescanesimo, il Prof. padre Pietro Maranesi, francescano cappuccino di origine fermana, docente presso l’Università Antonianum di Roma e l’Istituto Teologico di Assisi, autore di innumerevoli saggi sulla storia, la spiritualità e la teologia francescana. Il prof. Maranesi analizzerà quindi il profondo radicamento dell’enciclica e dei suoi valori portanti nella tradizione che risale a San Francesco d’Assisi. Si soffermerà soprattutto sulla valenza politica dello stesso spirito francescano, a partire dal suo ultimo libro “Francesco e il lupo. Strategie politiche per una società più inclusiva” Aboca edizioni 2020.

Moderatore della serata sarà don Tarcisio Chiurchiù, Preside della sezione fermana dell’ITM (Istituto Teologico Marchigiano) che ha anche concesso il patrocinio a tutto il percorso formativo.

Per ricevere il link della piattaforma digitale Zoom e poter partecipare pienamente anche al dibattito che seguirà alla relazione del prof. Maranesi, iscriversi, entro il 20 maggio, al seguente link https://www.aloemission.org/formazione.

L’incontro potrà essere seguito anche nella diretta sulla pagina Facebook ALOE OdV

Programma intero del percorso formativo
I SOGNI SI COSTRUISCONO INSIEME

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Il Bambino Invisibile.
Una sensazionale storia vera

Mi è capitato ieri sera, quello che mi capitava spesso da ragazzo, quando mi immergevo talmente in una lettura appassionante, ad esempio uno dei meravigliosi romanzi di Salgari, che la storia mi prendesse talmente tanto che andavo avanti per ore a leggere fino a perdere la cognizione del tempo: “ma abbiamo fatto cena o dobbiamo ancora mangiare?”.

ManuelIeri sera però il libro che mi ha appassionato talmente tanto – IL BAMBINO INVISIBILE – non era un romanzo, ma una storia vera, ambientata nel Cile di Pinochet, nei primi anni Ottanta, in fondo un tempo per  niente remoto, almeno per la mia generazione che in quegli anni terminava i propri studi universitari e cominciava a diventare protagonista nella società. In un Cile di cui il mondo parlava e conosceva per la feroce dittatura fascista seguita alla breve parentesi socialista di Salvator Allende il primo leader marxista andato al potere con libere elezioni popolari. Il Cile degli anni settanta e ottanta grondava di politica, per la mia generazione. Era per noi il Cile degli Inti-Illimani, de “Il pueblo unido jamas sera vencido”, una delle poche canzoni che mi piaceva cantare a squarciagola.

Ma niente di tutto questo troviamo nel libro che ho letteralmente divorato ieri sera, ambientato in un villaggio senza tempo, abitato da una umanità triste, da “un pueblo” degradato dalla fatica durissima, dall’alcool, dal risentimento e dalla violenza, totalmente “disunito”. Un villaggio senza luce elettrica, senza servizi di alcuna sorta, dove l’unico avvenimento di rilievo che poteva parlava di una mondo lontano e diverso era il pullman che passava una volta a settimana e su cui pochissimi salivano. Un villaggio dove tutti sapevano tutto di tutti, ma dove tutti erano chiusi in un silenzio duro e ostile che anche il vicino di casa poteva diventare uno sconosciuto nemico.

Protagonista un bambino di cinque anni: “il bambino invisibile”, come recita il titolo del libro, un bambino di strada, uno come ce ne sono stati tanti, milioni, e ce ne sono ancora in America Latina e nel resto del mondo. Ma normalmente si parla di “Meniños de rua” nelle periferie di grandi città o agglomerati urbani; e si parla di bambini e ragazzi che vivono in gruppo sotto i ponti o in ripari di fortuna, dopo aver tagliato ogni legame con le loro famiglie di origine.  In Cile ce ne saranno stati sicuramente tanti a Santiago, la capitale. Ma qui, nel villaggio di cui parla questo libro, siamo a duecento kilometri da Santiago, in un mondo arcaico e lontano. Manuel il protagonista è un “bambino di strada”. Ma la sua strada è solo una strada sterrata che dal villaggio porta ad un bosco di eucaliptos e lui, Manuel, è piuttosto un “bambino del bosco”, che vive da solo, dorme ai piedi degli alberi, una sorta di Mowgli del Libro della Jungla, ma che vive più vicino agli esseri umani e quindi in maniera molto più dolorosa e sofferta.

Questo bambino viveva al’interno di una famiglia che lo ignorava totalmente, perché non era la sua famiglia se non per il fatto che considerava il vecchio padre-padrone come “il suo nonnino” che lo picchiava però ogni mattina quando si svegliava e che non si interessava a lui se non per questa dose di cinghiate giornaliere. Delle altre donne che vivevano in casa, la moglie del padre padrone sua figlia e la nipote, non sapeva chi fossero. Non ricordava nulla di sua madre fino a quando un vecchio del villaggio non gli fa capire che era stata assassinata dall’uomo che lui si ostinava a chiamare “nonnino”.  Allora i ricordi della sua  Isabel, uccisa sotto i suoi occhi, quando lui aveva tre anni, gli torna continuamente in mente, ricorda il suo vestito, ricorda i suoi capelli, ma benché non ricordi il suo volto, ricorda il suo grande amore per lui, un amore pieno vissuto fino a tre anni che aveva generato in lui un fiducia così potente nella vita che lo aiuteranno a sopravvivere nei due anni vissuti in quella non-famiglia e poi lo aiuteranno a vivere pienamente e in totale libertà, immerso nella natura per i tre anni successivi, dopo che avrà deciso di fuggire da quella casa che non era casa per rifugiarsi nel bosco, sentendosi amato dai grandi alberi e dai piccoli animaletti e dagli uccelli che li frequentavano. Mentre il testo scorre, il racconto ci immerge sempre più nei pensieri e nei sentimenti di questo bambino che per tre anni consecutivi vive da solo e all’aperto, sentendo la Natura stranamente simile alla sua carissima Isabel, la mamma che lo aveva generato e lo aveva intensamente amato fino ai suoi tre anni. E insieme a questo amore per la natura il sentimento di qualcosa o di Qualcuno che tutto univa e tutto reggeva, lui come le piante e gli uccelli.

Tutto il racconto scorre sul filo delle esperienze del bambino, a partire dalla sua percezione della realtà. Ma il lettore, che ero io ieri sera, non poteva non pensare a quel villaggio che sapeva di questo bambino che viveva da solo nel bosco, perché spesso grandi e piccoli lo incrociavano sulla strada sterrata, ma facevano finta di non vederlo. Manuel viveva nel bosco, ma ai margini del villaggio, e in occasione di una rovinosa caduta da una grande albero, immerso in un avventuroso gioco con un uccellino, si ritrova in realtà a cadere dietro una della case del villaggio stesso, abitata da una donna, anche lei esclusa da tutti, l’unica che mostrerà un po’ di affetto per lui. Come a dire: tra esclusi, ci capiamo! Anche la “sua” famiglia sapeva che lui vagabondava nel bosco. E questo per tre interi anni. Mai nessuno che lo avesse chiamato.

Fino a che, dopo tre anni di questa vicenda, quando il bambino del bosco di anni ne aveva  quasi otto anni, non furono avvertite le forze dell’ordine che andarono a prelevarlo portandolo in un orfanotrofio, da cui poi verrà adottato da una coppia italiana. Il libro termina qui, non prima però di raccontare l’incontro, anch’esso casuale ma intenso, tra Marcello Foa, lo scrittore e Manuel divenuto ormai un adulto pienamente inserito nella società milanese, sposato e con figli. Senza questa parte finale, raccontata in prima persona dallo scrittore, si sarebbe potuti restare tentati dall’idea di essere di fronte ad un’opera di fantasia, triste e delicata, ma pur sempre fantasia.

Leggendo solo questo libro, pubblicato nel 2012 e fra l’altro fuori commercio – io l’ho potuto acquistare da un rivenditore di libri usati – non si saprebbe molto di quel cittadino italiano di oggi di origini cilene. Ed ecco allora in aiuto un altro libro, scritto da GRETA BELLANDO, Un’altra immagine di me. Adulti adottati oggi genitori: un percorso di narrazione” ed ETS del 2015. Al suo interno, al capitolo 4, si parla proprio di lui, ma come adulto adottato, genitore anche lui, padre di tre bambini; in un capitolo intitolato: “Attraverso il loro sguardo rivedo il mio da bambino”.

manuel 2Manuel Antonio Bragonzi, quello che è stato il bambino del bosco, è oggi un uomo maturo di 44 anni; scenografo e regista,  all’inizio del 2019 ha fondato Anfad – Associazione Nazionale Figli Adottivi, di cui è presidente, per aiutare altri figli adottivi. In questo 2020 con il suo contributo nasce LoveAdoption TV, un canale realizzato da adottati adulti per l’Adozione.

Giovedì 10 Dicembre alle ore 21.30 sarà ospite di Famiglie Adottive Insieme su una piattaforma digitale. Chi fosse interessato a partecipare a questo incontro potrà lasciare un messaggio sulla nostra pagina face book “Famiglie Adottive Insieme”

ManuelGreta

 

 

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 Don Gabriele Moroncini: un prete con il cuore missionario !

Lunedì 5 Ottobre 2020 è venuto improvvisamente a mancare una delle colonne della nostra associazione, Don Gabriele Moroncini, all’età di 77 anni non ancora compiuti.  È stata una tristissima notizia per tutte le persone che lo hanno conosciuto durante la sua intera vita sacerdotale, la maggior parte della quale trascorsa nel territorio della Valdaso tra Rubbianello e  Carassai, due  delle 15 parrocchie della Vicaria della Valdaso della quale è stato per diversi anni anche il Responsabile o Vicario Foraneo.

Don Gabriele al pranzo per il Ventesimo di Aloe

Don Gabriele al pranzo per il Ventesimo di Aloe

Don Gabriele non è stato tra i fondatori di Aloe presso la Casa missionaria di Santa Maria a Mare nell’ottobre del 1998, ma già in occasione della partenza per il Camerun del primo volontario, Peppe De Rosa, – occasione da cui è nata l’associazione stessa – aveva organizzato un incontro nella sua parrocchia di Rubbianello. La sua presenza in associazione è diventata determinante quando, in un periodo di difficoltà con la comunità dei missionari di Santa Maria a Mare, difficoltà dovute a ripetuti trasferimenti di missionari, Aloe aveva praticamente perso la possibilità di una sede e ci si ritrovava nelle case dei soci per poter continuare ad esistere; al punto da chiederci se valesse la pena di continuare o di interrompere l’esperienza associativa. Fu a quel punto che don Gabriele ci disse che ci avrebbe accolti volentieri nella casa parrocchiale di Valmir,in quel momento sotto la sua responsabilità, dove ci siamo appoggiati per alcuni anni e dove sono partiti i primi corsi di formazione “Il senso del partire”. Con l’organizzazione di questi corsi e con la sistemazione logistica presso la casa parrocchiale di  Valmir, l’associazione poté ripartire alla grande e don Gabriele è sempre rimasto una colonna della stessa, anche quando, nel 2004 il Comune di Fermo ci assegnò una prima sede in Via Graziani 71.

Mercoledì 7 Ottobre nella Chiesa collegiata di Carassai si è svolto il rito di commiato del nostra amato don Gabriele con una massiccia partecipazione di confratelli sacerdoti e di popolo. Al termine della celebrazione le autorità dei due comuni di Carassai e Monterubbiano, e altre persone hanno preso la parola per rievocare la sua bella e operosa figura.

Anche Aloe ha avuto la possibilità di una propria testimonianza, che riportiamo qui.

Don Gabriele al Comune di Carassai durante la Giornata per l'Amicizia Italo-Romena

Don Gabriele al Comune di Carassai durante la Giornata per l’Amicizia Italo-Romena

Il saluto di Aloe per don Gabriele

Carissimo don Gabriele

Un saluto caloroso in questo tuo viaggio verso la Casa del Padre da parte di tutti gli amici dell’associazione missionaria Aloe con i quali hai camminato senza interruzione per oltre 20 anni nell’amore per il mondo missionario della nostra diocesi. Anche se in questi giorni ci eravamo sentiti spesso come sempre, trovo emblematico che la notizia di questa tua partenza verso il Cielo mi sia stata data da un missionario, padre Stefano Camerlengo, superiore generale dei Missionari della Consolata, con il quale solo domenica 27 settembre abbiamo trascorso la giornata insieme a Santa Maria a Mare durante la nostra assemblea. Per questa liturgia di commiato, ti porto i saluti, la preghiera e la benedizione dei missionari che sono riuscito a raggiungere e che spiritualmente sono qui con noi questo pomeriggio: padre Mario Bartolini dal Perù, Tommaso ed Elaine dal Brasile, Ermelinda Sergolini dalla Bolivia, padre Remo Villa dalla Tanzania, Abuna Jihad Youssef dalla Siria e padre Beppe Svanera rientrato ormai da qualche anno dalla Colombia e ora in Calabria.

In questi tuoi anni trascorsi come parroco a Carassai, la tua parrocchia ha avuto il respiro del mondo grazie alle celebrazioni con i missionari che tornavano in Italia e che tu invitavi a celebrare o a parlare in questa bella chiesa: tutti quelli che ho enumerato prima e altri che non sono riuscito a raggiungere, come padre Ilario Trobbiani dalle Filippine, Anna Maria Panegalli dal Brasile, nel Marañao, dove tu sei stato a trovarla per un mese insieme altri volontari Aloe, …

Grazie a te, la tua parrocchia ha vissuto insieme ad Aloe momenti caratterizzati da uno spirito veramente cattolico e di fratellanza universale con le celebrazioni eucaristiche di diversi Riti Orientali: il Rito Siriaco  con Padre Jihad Youssef, monaco siriano, venuto più volte; il Rito cattolico orientale della Romania con il sacerdote rumeno don Robert Popa e il Rito orientale della Chiesa cattolica Albanese con don Giuseppe Bellizzi. Abbiamo vissuto insieme le giornate dell’amicizia italo-rumena e dell’amicizia italo-albanese, giornate sperimentali e concrete di un mondo nuovo che tu sognavi con noi, ma che si fa fatica ad incarnare. Avevamo in programma, nei prossimi giorni a Carassai, la presentazione di un libro appena pubblicato, dei racconti educativi che il missionario Lucidio Ceci aveva scritto per i suoi bambini del Bangladesh, e ora tradotti in italiano per l’educazione interculturale dei bambini delle nostre scuole primarie.

Tu hai vissuto e fatto vivere alla tua comunità parrocchiale il respiro del mondo, di quella fratellanza universale di cui parla papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli tutti” di appena tre giorni fa.

Ciao Don Gabriele, ci mancherà tantissimo la tua presenza sempre discreta, ma sempre operativa, nelle nostre riunioni, nelle nostre giornate di convivenza come quella di domenica 27, in tutte le nostre attività. A me particolarmente mancherà tantissimo la tua amicizia, nata e cresciuta attorno all’amore per i nostri missionari e per una chiesa in uscita, come non si stanca di ripetere papa Francesco. Ma sono sicuro che dal Cielo, sempre con la tua maniera discreta, continuerai ad essere con noi e ci aiuterai molto più di prima in questo rilancio dell’associazione che abbiamo sognato insieme a te domenica 27 Settembre a Santa Maria a Mare.

Grazie ancora don Gabriele per aver camminato con noi per tutti questi anni.
Che il Signore ti ricompensi e ti accolga nella sua Pace.

Don Gabriele con P. Ilario Trobbiani missionario nelle Filippine

Don Gabriele con P. Ilario Trobbiani missionario nelle Filippine

Don Gabriele con p. Mario Bartolini missionario in Perù

Don Gabriele con p. Mario Bartolini missionario in Perù

Don Gabriele insieme a Tommaso ed Elaine missionari in Amazzonia

Don Gabriele insieme a Tommaso ed Elaine missionari in Amazzonia

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Lettere dei Missionari in occasione dell’assemblea 2020

In occasione dell’Assemblea di Domenica 27 Settembre per il rinnovo del Consiglio Direttivo e per il Rilancio dell’Associazione nel tempo del coronavirus, diversi missionari ci hanno scritto messaggi di apprezzamento e di incoraggiamento. Eccoli!

 

Padre Mario Bartolini dal Perù

Barranquita, sabato 19 settembre 2020

Caro Franco e amici di Aloe,
il mio saluto da Barranquita e la mia sincera e profonda gratitudine a tutti voi per il lavoro che state svolgendo:
1. creare consapevolezza missionaria e mantenerla viva e operante nelle persone di buona volontà e nelle comunità cristiane; consapevolezza che porta alla corresponsabilità, solidarietà e collaborazione. Il missionario, per la sua natura di “inviato” da una comunità credente ad un’altra in via di formazione e consolidamento, non dimentica la sua famiglia, la sua parrocchia, la sua diocesi o congregazione religiosa; realtà in cui trova supporto morale e materiale.
Non riesco a trovare parole adatte per esprimere ad Aloe tutta la mia gratitudine per la vicinanza e il sostegno che mi ha dato dal 2009 (soprattutto) e fino ad oggi. Grazie, Aloe.
2. Creare e rafforzare il “senso di famiglia” tra Aloe e tutti i missionari che fanno riferimento ad Aloe e tra tutti questi missionari stessi. L’iniziativa che Aloe ha realizzato a maggio per condividere le diverse esperienze dei missionari in questo periodo di pandemia, ha rafforzato in me questo senso di “appartenenza” e mi sento più “vicino” a tutti gli altri e li ricordo sempre nelle mie preghiere.
Non sarebbe bello se Aloe ci fornisse l’elenco di coloro che lavorano in Perù e America Latina? Non sarebbe possibile tenere un incontro tra coloro che lavorano nella stessa nazione?
Cari soci di Aloe, ho espresso sinceramente i miei sentimenti.
Concludo chiedendo al Signore che il suo Spirito vi illumini in modo che possiate prendere quelle decisioni che rispondono meglio alla volontà del Signore e che vi diano “forza” in modo che possiate continuare a lavorare per il bene degli altri.
Auguro ad Aloe di essere uno strumento nelle mani di Dio per un mondo più umano, giusto e solidale.
Rinnovo i miei ringraziamenti a tutti voi. Saluti
p. Mario Bartolini cp

Padre Mario

 

Ermelinda Sergolini dalla Bolivia

Montero 22 settembre 2020

Carissimi amici di Aloe

eccomi a voi, innanzitutto come state? Dalle notizie vedo che ancora il virus é in agguato anche da voi; speriamo che tutto questo finisca presto e ci aiuti a amare la vita e a renderci più solidari. Da quanto Franco mi ha detto so che domenica vi ritroverete per le elezioni e per rilanciare l’associazione. Grazie per farci sentire ancora parte della nostra terra, e della nostra  archidiocesi, per aiutarci a realizzare i nostri sogni che ha volte sembrano irraggiungibili. In questi anni anche se non abbiamo avuto molte occasioni per vederci e per collaborare, ho sempre sentito vicino la vostra associazione.  É un servizio prezioso che realizzate nella nostra archidiocesi e per ogni missionario. No abbassate mai la guardia vale la pena farsi prossimo di chi é più debole, dare la possibilità a tante persone di poter fare esperienze missionarie che arricchiscono la vita. So che in questo momento non é facile sia per la pandemia sia per la situazione economica e sociale che attraversa l’Italia e tanti altri paesi del mondo e forse la tentazione di abbandonare le reti si fa latente ma ricordate sempre che noi missionari, che a volte ci troviamo in prima linea, abbiamo bisogno della vostre mani, delle vostre voci dei vostri piedi etc…  Un saluto speciale a tutti ed ad ognuno, vi regalo questa preghiera un abbraccio

Con affetto Ermelinda

Cristo non ha mani
ha soltanto le nostre mani
per fare il suo lavoro oggi.

Cristo non ha piedi
ha soltanto i nostri piedi
per guidare gli uomini
sui suoi sentieri.

Cristo non ha labbra
ha soltanto le nostre labbra
per raccontare di sé
agli uomini d’oggi.

Cristo non ha mezzi
ha soltanto il nostro aiuto
per condurre gli uomini a sé.

Noi siamo l’unica Bibbia
che i popoli leggono ancora.
Siamo l’ultimo messaggio di Dio
scritto in opere e parole.

Buon cammino a tutti

Ermelinda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tommaso Lombardi dal Brasile

Manaus, 25 Settembre 2020

Carissimi tutti di Aloe,

So che domenica 27 sarete riuniti nella sede dei Missionari dela Consolata, luogo che ci ha fatti incontrare e che ci ha uniti in questo cammino missionario, che condividiamo ormai da 10 anni e che ci spinge a “sentire la missione come prioritá nella nostra vita”.

La missione nel nostro caso, qui in Amazzonia ha preso forma dello stare vicino ai piú piccoli e indifesi, bambini e adolescenti che hanno con la strada un legame familiare. Aloe ha influenzato dall´inizio questo nostro cammino qui in Manaus, per dire quanto é importante l´esempio e il sostegno che voi date da li, dove siete.

Il cammino missionario penso che possiamo paragonarlo, oggi piú che mai, ad un buon vírus, si propaga con una regola che non comprendiamo; é difficile spiegare perché attacca uno o l´altro, ma porta con sé una forza che ci accompagna nelle opere, nelle azioni. Possiamo riconoscere con facilitá come ci sia qualcosa dietro, piú forte di noi, che permette di realizzare le cose che facciamo, quando identifichiamo la forza di questo in Dio, riconosciamo la provvidenza, e possiamo permetterci di accettare i nostri limiti, e aver coraggio e fede di continuare, sapendo che siamo strumenti che Dio usa per realizzare il suo piano di Amore.

Preghiamo gli uni per l´altri: voi per noi, perchè ci sia data la forza di sopportare le difficoltá del servizio; e noi per voi, perché possiate continuare a credere quanto importante sia il vostro servizio missionario. Il fondatore dei Missionari della Consolata, Giuseppe Allamano, ispiratore di tanti missionari, non era mai uscito fisicamente, dal suo territorio.

Salutateci p. Stefano Camerlengo che qualche anno ci ha fato visita qui a Manaus e di cui conserviamo un bellissimo ricordo.

Un abbraccio

Tommaso ed Elaine

Tommaso ed Elaine

 

Padre Remo Villa dalla Tanzania

Tura, 25 settembre 2020

Carissimi amici di ALOE.

Un saluto da questa bella e soleggiata zona del centro Tanzania.

In questa vostra mezza giornata di convivenza mettete un posto anche per me, che sarò con voi anche se fisicamente distante. Da quanto mi dice Franco, sarà un momento importante per l’Associazione. Vi sarò vicino anche con il mio ricordo nella messa che celebrerò a 70 km da qui, da Tura, e chiederò una preghiera per voi anche ai cristiani di quella comunità, Loya, numerosa e che sta riprendendo anch’essa quota e fiducia nel futuro, dopo vari anni di abbandono e di non testimonianza di alcuni leaders.

Ed ora qualche notizia da qui, da questa zona calda, ora secca ma fertile, tutta piatta, senza l’ombra di una pur piccolissima collinetta, dove questo trentino ora si trova.

Sono già passati sette mesi da quando, domenica 2 febbraio 2020, il Vicario Generale della Diocesi di Singida, nel centro del Tanzania, mi ha portato qui a Tura con la sua Toyota fuori strada, velocissima sull’asfalto della nuova strada senza traffico,  e mi ha presentato ufficialmente  come primo Parroco della nuova missione di TURA, nata dallo smembramento della grande ed estesa missione di Itigi, a 80 km ad est da qui.

Senz’altro e’ presto per fare dei bilanci, pero’ ogni mese a questa data, mi viene spontaneo fermarmi qualche momento a riflettere per rivedere con occhio spero nuovo il significato della mia presenza in questa zona a me completamente nuova sia geograficamente che come sfida veramente missionaria, direi quasi di prima evangelizzazione.

Il Vescovo della nostra Diocesi di Singida, Mons. Edward Mapunda, da qualche anno stava pensando alla possibilita’ di dare avvio ad una nuova missione in queste zone che fino allo scorso anno erano come tagliate fuori dal resto del Paese, per via delle grandi foreste e della savana acquitrinosa che rendeva quasi impossibile arrivare ai tanti piccoli centri abitati anche per il fatto che la strada che le attraversava, non asfaltata, per molti mesi diventava impraticabile a causa delle piogge: e’ molto frequente trovarsi con la macchina “seduta” improvvisamente sulla strada  senza che tu, minimamente, te ne accorga, per via della sabbia zeppa di acqua.

Negli anni scorsi l’unica via praticabile in ogni stagione, quando pero’ non si interrompeva per via del maltempo, era la ferrovia a scartamento ridotto, la “Central Line” costruita dai Tedeschi quando il Tanzania era loro colonia nei primi anni del secolo scorso, fino alla prima guerra mondiale. Questa linea e’ tutt’ora funzionante e continua a collegare Dar ed Salaam, ad est sull’Oceano Indiano, a Kigoma, al confine occidentale con il Congo.

Tre anni fa Mons. Mapunda aveva cresimato dei giovanotti in un paese della zona. Nella festicciola che ne segui’, assieme ad altri,  anche i bambini di una scuoletta elementare di Tura, della missione, di cui il Vescovo non sapeva nulla, hanno presentato dei canti ed alcune danze – come solo i bambini di qui sanno fare -. Chiese informazioni e si prese a cuore questi scolaretti che quel giorno fecero parecchi kilometri di sentieri costeggianti la ferrovia per incontrare il loro Vescovo. E Tura, con la sua scuoletta, da allora rimase nel cuore del Pastore al punto che mi chiese, ancora due anni fa, se conoscessi qualche associazione che potesse dare una mano per iniziare la realizzazione di una scuola come si deve. E gli amici del gruppo di volontariato KUSAIDIA, con sede a Mori, TN, dove sono nato, si resero subito disponibili. Sorsero cosi’ tre aule ed un ufficio per i  maestri. Un grazie di cuore a questi cari amici.

Tra le varie possibilta’ di scelta che mi aveva presentato il Vicario Diocesano, P. Francis, scelsi Tura e subito mi accorsi che era quello che Mons. Mapunda si aspettava. Senz’altro per il Vescovo era un fatto di cuore e Tura, i suoi ragazzini, l’evangelizzazione e la promozione umana della zona, tutto questo si stava realizzando.

Vista la mia disponibilita’, mons. Edward l’ha benedetta di cuore e cosi’ la “avventura” di Tura e’ iniziata il due febbraio scorso. Senz’altro lo Spirito ha indirizzato il nostro Vescovo su questa via, e gia’ da ora intravvedo molti frutti presenti in questo mezzo anno e un mese di mia presenza. Notavo che Mons. Edward quasi soffriva descrivendomi come la gente negli anni era stata abbandonata a se stessa, con la presenza molto ma molto sporadica dei missionari di Itigi al punto che, mi disse, la comunita’ cattolica intera di un paese era pronta a lasciare il cattolicesimo ed unirsi ad un’altra fede qualora il missionario non si fosse fatto vivo. Inoltre riceveva, insistentemente, delle telefonate di cristiani dei paesi di qui che si lamentavano con lui di essere stati abbandonati e gli chiedevano una presenza – almeno di tanto in tanto – di un sacerdote per i servizi religiosi, per la catechesi ed anche per la somministrazione dei sacramenti.

Ed ecco quindi che p. Remo, sulla soglia dei settant’anni, a febbraio si e’ ritrovato catapultato in questa nuova realta’ missionaria di quasi prima evangelizzazione e diventa la risposta del Vescovo alla sua gente di Tura.

Realta’ che mi sta ringiovanendo nel cuore anche se molte volte mi ritrovo stanco fisicamente per la visita a comunita’ distanti fino a 90 km, nella savana semidesertica, che da anni non avevano potuto partecipare ad una celebrazione eucaristica e che all’arrivo di p. Remo anche le autorita’ politiche condividono la piccola festa e chiedono una presenza costante del sacerdote, per ravvivare la pace e la collaborazione tra i paesani, per dare una spinta in avanti all’educazione scolastica dei bambini e nell’insieme per portare promozione umana all’intero villaggio.

Tante sono le sfide presenti in questa realta’ dimenticata dagli uomini del potere. Ma anche dimenticata, mi sembra di poter dire, da Dio, o meglio non da lui ma dalle persone da lui chiamate a portare la sua presenza e la sua speranza a queste persone semplici, accoglienti sotto tutti i punti di vista ed assetate della Parola di Dio ma non solo.

Sento quindi una grande responsabilità gia’ da questi primi mesi di presenza missionaria qui a Tura, dove non ho neppure una casa, ne’ un ufficio e dove la chiesa, come edificio, esprime bene la realta’ del posto: dodici tubi innocenti che sostengono il tetto in lamiera zincata, con il vento che ti puo’ portare dove vuole lui, ma che, se ci troviamo compatti e tutti assieme come comunita’, non ci trattera’ come una banderuola, ma ci condurra’ verso i verdi prati della Speranza.

Una riflessione mi faccio spesso, dentro di me.

Che significato puo’ avere in Europa, in Italia – dove molti ritengono la fede un optional, se non addirittura qualcosa da dimenticare o da combattere -, sentire che delle comunita’ richiedono con insistenza la presenza del sacerdote al punto di decidere di lasciare la propria fede? E’ solo motivo per dire “Poverini, non si sono ancora civilizzati questi africani”, oppure fa riflettere e rivedere le posizioni riguardo alla nostra fede che a volte e’ solo eredita’ del passato, fuori dalla vita quotidiana? Non ho nessuna intenzione di fare moralismi, solo una riflessione che mi viene spesso spontanea, dopo questi pochi mesi di permanenza qui a Tura. Ed il confronto con il mondo da cui provengo e con le Comunita’ cristiane – sia di Mori, TN, la mia parrocchia di origine, sia di Fermo (a S. Maria a Mare nel 1981) per le mani del Vescovo Mons. Cleto Bellucci – che ben 38 anni fa mi inviarono qui, mi viene sempre spontaneo.

Quando la casa – canonica – sara’ finita fra qualche mese, sei il/la benvenuto/a qui a Tura, dove si respira anche aria genuina e dove si minimizzano e  ci si dimentica facilmente dei tanti problemi della movimentata e complessa vita di ogni giorno.

E che il Signore ti benedica e ti offra la sua pace e serenita’ ogni giorno di questo autunno senza’altro dai bei colori che pure io, anche se lontano da molti anni, non dimentico facilmente.

Una proposta:

Da quando sono a Tura ho iniziato un gruppo (broadcast) inW/app, TURA FRIENDS, con cui ogni settimana mi tengo in contatto – con brevi flashes e foto – con vari amici sparsi per l’Italia. Se lo desideri – anche se sono al corrente che il sito web di ALOE fa suo il contenuto del gruppo -, ti inserisco volentieri a far parte del gruppo, che tiene conto della privacy: cioe’ solo io conosco il nominativo ed il numero telefonico dei partecipanti e quello che condividiamo ti arriva sul tuo numero personale, senza condivisione con altri se non con il sottoscritto. Se pensi sia possibile, chiedo solo di mandarmi un saluto al mio numero telefonico e ti inseriro’ volentieri: +255 763 182333. Non dimenticarti di mettere il “+” prima del prefisso internazionale, altrimenti non arrivera’ a destinazione.

Un caro saluto e chiedo un ricordo al mio e nostro ‘CAPO’: che non si dimentichi di questo suo povero messaggero che cerca di dargli una mano della brughiera tanzaniana.

Con simpatia,

P. Remo Villa

E-mail: removilla51@gmail.com
Indirizzo postale:
P. Remo Villa
Parokia ya Tura
P. O. Box 13
Itigi  (Tanzania)

padre Remo

 

Suor Luciana Maulo dal Togo

Torino 14 Settembre 2020

Ringrazio la bellissima Associazione ” Aloe” per tutto il bene che ha fatto in questi ultimi anni. Ringrazio specialmente per l’aiuto al nostro Centro “CRISF” per i disabili in TOGO. per averci assicurato le visite mediche mensili dell’Ortopedico specialista, e altri aiuti per il funzionamento del Centro: chineterapista e chirurgie per bimbi e apparecchi ortopedici.

Che l’Eterno Benefattore ricompensi Tutto cio’ Come Lui sa ben fare!  Le confidiamo l’Associazione!!!!e la nuova Direzione Che sara’ eletta!

Suor Luciana Maulo

Suor Luciana

 

Padre Pier Luigi Lupi dal Bangladesh

San Li Mro Para – Lama – Bandarban – Bangladesh
29 Agosto 2020

Cari Amici di Aloe

Qui in Bangladesh, il governo ha esteso proprio in questi giorni la chiusura delle scuole fino al 3 Ottobre prossimo … Ma qui nel nostro villaggio la scuola è sempre stata aperta e, fino ad ora, i contagi del COVID 19 non ci hanno raggiunti.

I nostri due insegnanti ce ne hanno parlato .. Qui da noi la corrente elettrica non è ancora arrivata … Ma forse, arrivando i pannelli solari, anche noi potremo sapere e vedere di più.

Noi qui tutti i giorni siamo presenti a scuola mentre i nostri genitori lavorano coltivando i pendii delle colline: qui cresce riso, lenticchie, verdure varie e della frutta meravigliosa come mango e marzapane … i nostri preferiti.

In molte aree del Bangladesh, abbiamo sentito che, in questa stagioni dei monsoni, le piogge hanno causato alluvioni danneggiando case, ponti e raccolti e circa 300 morti; non cos da noi, dove alluvioni non ci sono ma piogge, vento e forti temporali spesso provocano danni sia alle nostre capanne di legno e bamboo sia ai raccolti.

Questo mesi di Covid 19 sono stati duri per noi, tutti i mercati settimanali della regione, dove i nostri genitori vanno regolarmente a vendere ciò che producono, sono stati chiusi e per cinque mesi è stato difficile avere il necessario sia per mangiare che per gestire i nostri bisogni. In molte famiglie il precedente raccolto di riso era finito e il nuovo è stato seminato da poco; bamboo e molti frutti come mango e banane non sono stati venduti … spesso le nostre mamme hanno dovuto cucinare senza sale o senza olio o senza spezie.

Per fortuna da alcune settimane i mercati settimanali hanno riaperto e sui pendii delle colline il riso sta maturando.

I nostri due maestri ci hanno spiegato che in molti altri pesi l’epidemia ha provocato danni peggiori e che noi, lontani da tutti, siamo stati fortunati.

Per questo oggi siamo contenti di scrivervi per dirvi che stiamo bene e che il vostro sostegno non è stato invano. Per noi bambini e bambine di Sanli Para la scuola è tutto: qui si impara a leggere e scrivere, qui si gioca tutti insieme, qui si impara a recitare e a cantare ma anche come curarsi e stare sani.

Sulla parete della nostra scuola è stata messa un grande fotografia di Lucidio Ceci,  cui i nostri due maestri sono affezionati. Anche noi abbiamo iniziato a leggere le sue favole e i suoi racconti e, a volte, cerchiamo anche di drammatizzare ma, per ora, solo due o tre di noi riescono bene a recitare.

Il prossimo anno saremo più bravi. A nome di tutti noi: cari saluti!

I vostri amici ed amiche della scuola San Li Mro Para e p. Pier Luigi Lupi sx

Messaggio per l’Assemblea,
Lama. 26 Settembre 2020

Raccogliere l’eredità di Lucidio Ceci non è facile. La sua determinazione, il suo coraggio e il suo totale coinvolgimento a fianco delle popolazioni del Chittagong Hill Tracts, qui in Bangladesh, ancora oggi costretti a lottare per il riconoscimento dei loro diritti, hanno spinto Lucidio a trasmettere non solo istruzione e sapere, ma anche e soprattutto senso di giustizia e di responsabilità sociale universale ed è questo senso di giustizia e di responsabilità sociale universale che ancora oggi ci chiede di camminare sui suoi stessi sentieri con un passo instancabile, volutamente creativo, spesso provocante e a volte, zoppicante: ma un passo che non si ferma e che non fa marcia indietro.

Un’esperienza anche per me, impegnativa e appassionante, che invio a voi, come sfondo e come orizzonte della vostra assemblea di questo anno dal passo zoppicante ma un passo che non si ferma …

Insieme a voi, p. Pierluigi e le popolazioni del Chittagong Hill Tracts, Bangladesh

BangladeshPier Lupi

 

 

 

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