René Girard: una presentazione.

CENNI BIOGRAFICI E BIBLIOGRAFIA RAGIONATA

1.     CENNI BIOGRAFICI

René Girard è nato ad Avignone il giorno di Natale del 1923. Dal 1943 al 1947 ha frequentato l’École des Chartes a Parigi dove si laureò in Archivistica e Paleografia, come specialista in studi medievali, con una tesi su “La vie privée à Avignon dans la seconde moitié du XVe siècle”. Nel 1947 ebbe l’opportunità di spendere un anno negli Stati Uniti: finisce con il restarci definitivamente. Egli si iscrisse alla facoltà di storia presso l’Indiana University, dove era stato invitato a tenere un Corso di Francese. Qui ricevette il Dottorato in Storia nel 1950, presentando come argomento della dissertazione: “American Opinion of France, 1940-1943”. Come si vede la sua formazione accademica era di carattere storico, ma essendogli stato richiesto di dare Corsi in Letteratura Francese, cominciò ad essere sempre più affascinato dalla letteratura e finirà con l’imporsi sulla scena accademica come critico letterario. Dopo questo primo incarico alla Università dell’Indiana, tenne corsi analoghi presso università di altri stati (North Caroline, Pennsylvania, Maryland) fino a quando nel 1961 non ricevette il suo primo incarico come Professore alla John Hopkins  University del Maryland con il grado di coordinatore del Dipartimento delle Lingue Romanze. Vi resterà fino al 1971 e poi vi tornerà dal 1976 al 1981, dopo una parentesi di cinque anni presso la State University di Buffalo nello Stato di New York. Nel 1981 Girard accettò quello che finì per essere l’incarico definitivo, Professore di Lingua, Letteratura, Civiltà Francese alla Stanford University in California, università in cui rimase fino al suo ritiro nel 1995. Ha dunque trascorso l’intera sua carriera all’interno delle università americane, a stretto contatto con la cultura accademica e le sue mode dominanti che vengono oggi definite del Political Correctness, mode verso le quali Girard si pone in modo fortemente critico, tanto che, come afferma James Williams della Syracuse University, nell’introduzione alla raccolta di testi girardiani da lui curata, The Girard Reader, «benché ben noto ed altamente tenuto in considerazione nel campus, è diventato uno strano personaggio a causa del suo atteggiamento verso certe mode accademiche e della sua dichiarata identità cristiana. Ma egli non è mai stato isolato, e il suo insegnamento e le sue ricerche sono sempre state interdisciplinari»[1]

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2. BIBLIOGRAFIA RAGIONATA

In tutti questi anni, a partire dal 1961, anno di pubblicazione del suo primo libro, Mensonge romantique et verité romanesque, ha continuato una prodigiosa produzione letteraria che continua ancora oggi, anche dopo il suo ritiro accademico.

2.1 LA TRILOGIA FONDAMENTALE

Di tutta questa vasta saggistica, tre sono i lavori fondamentali dai quali emergerà compiutamente il pensiero girardiano: Menzogna romantica e verità romanzesca (1961); La violenza e il sacro (1972); Delle cose nascoste dalla fondazione del mondo (1978). È la TRILOGIA FONDAMENTALE[2]; le altre opere non faranno che esplicitare, approfondire, correggere, sviluppare quanto emerso in esse.

 2.1.1 LA TEORIA MIMETICA. Mensonge romantique et vérité romanesque[3]

Accostatosi alla letteratura senza una formazione accademica specifica alle spalle, finisce con lo sviluppare un approccio personale che risulterà davvero fecondo. Abituato, da storico, a considerare sempre i riferimenti extratestuali dei documenti presi in esame, finisce con il rigettare “la ritirata letteraria degli anni ‘50 e primi anni ‘60 dalla preoccupazione per la storia, la società e la psiche”[4]. E mentre la critica letteraria del tempo tendeva a cercare in ogni autore la propria “originalità” rispetto a tutti gli altri, Girard da subito comincia invece a cercarne le connessioni, il sostrato comune.

Egli affronta la letteratura con una sorta di metodo psicanalitico in cui attraverso la produzione onirica e delle libere associazioni emerge la realtà del profondo. Così, per analogia, attraverso la molteplice produzione letteraria dei più diversi autori, finiscono per emergere le strutture antropologiche dell’individuo e della società.

Nel 1961 René Girard pubblica “Mensonge romantique et vérité romanesque”, in Italia pubblicato inizialmente con il titolo Struttura e personaggi del romanzo moderno e poi con la traduzione più fedele “Menzogna romantica e verità romanzesca” presso Bompiani nel 1965 e ristampato nel 2002. Girard conduce in questo lavoro un’analisi sui testi  delle grandi opere letterarie della narrativa occidentale (Cervantes, Stendhal, Proust e Dostoyevsky) nelle quali individua una problematica del desiderio fino ad allora sconosciuta: è l’atto di nascita della teoria del desiderio mimetico (o semplicemente “teoria mimetica”) che troverà nelle successive opere di Girard precisazioni, correzioni, approfondimenti. Come si può vedere dalla tabella cronologica, questo interesse per l’analisi delle grandi opere letterarie resterà una costante del suo lavoro.

L’idea di fondo è che “in principio era il desiderio”! “L’uomo è un essere che desidera”, e fin qui niente di nuovo; anche per Freud l’uomo è caratterizzato dalla “libido”, cioè dal desiderio. Ma per Freud il desiderio, in linea con tutta la tradizione filosofica bimillenaria, a partire da Platone, si appunta sempre ad un oggetto particolare, in una concezione essenzialmente individuale. Girard trova invece chiaramente espressa nella grande letteratura una verità più profonda, la verità del desiderio mimetico. La verità antropologica è che “l’uomo è un essere che desidera secondo l’altro”. Tra “il desiderio dell’uomo” e “l’oggetto del suo desiderio” c’è “il desiderio dell’altro”. L’antropologia è quindi triangolare: l’essere desiderante che sono io, l’essere desiderante che è l’altro, l’oggetto del desiderio, che io imito nell’altro e che l’altro finirà di imitare in me, fino a far prevalere più che la relazione io-oggetto, la relazione io-altro in una escalation in cui il “modello” finisce con il diventare il “rivale” poiché finiamo con il contendere il medesimo oggetto. In questo modo dal triangolo (io-altro-oggetto) si passa alla rivalità dei doppi (io-altro) che genera concorrenza per lo stesso oggetto e quindi violenza. Più i soggetti si invischiano nelle imitazioni reciproche, più si genera rivalità e la rivalità sfocia nella violenza generalizzata.

La menzogna romantica è l’individualismo al centro della modernità che mostra l’uomo come un’entità libera ed autonoma e che trova la sua espressione letteraria nell’eroe romantico. I grandi scrittori come Cervantes, Proust, Dostoevsky, Shakespeare, hanno mostrato di aver colto la menzogna di questo preteso individualismo e hanno saputo descrivere la rivalità mimetica attraverso i loro personaggi. Così facendo hanno dimostrato attraverso la loro verità romanzesca una conoscenza della struttura antropologica che era sinora sempre sfuggita a filosofi, psicologi, psicanalisti, antropologi in genere. Da qui la contrapposizione tra la verità romanzesca e la menzogna romantica adombrata nel titolo del primo libro.

Come si può facilmente comprendere, questa prima acquisizione di Girard riguarda il campo della psicologia, della psicoanalisi e della antropologia fondamentale, della psicologia sociale. Sarà quindi sul terreno di queste scienze che dovrà essere vagliata la sua impostazione antropologica, che nel terzo libro della trilogia definirà “psicologia interindividuale”.

2.1.2 L’ORIGINE DEL SACRO. La violence et le sacré[5]

Undici anni dopo l’uscita di questo primo libro sulla letteratura occidentale, il quale era passato quasi inosservato, Girard sconvolge il mondo accademico con la pubblicazione di quello che costituirà il secondo grosso apporto alla sua teoria generale: nel 1972 pubblica La violence et le sacré, che gli varrà una premiazione all’accademia di Francia.

Forte dell’acquisizione della teoria mimetica, egli si rivolge ora alla mitologia delle religioni arcaiche, all’enorme mole del materiale etnografico, alle tragedie greche. Userà la teoria mimetica come chiave ermeneutica per rileggere la mitologia. La teoria del desiderio mimetico conduce direttamente, come abbiamo visto, ad una nuova comprensione dei rapporti umani minacciati costantemente dalla violenza, la quale appare sempre come elemento presente nella mitologia e soprattutto in quell’elemento della realtà mitologica generalmente trascurato che è il sacrificio.

Analizzando una mole enorme di materiale etnografico troviamo che tornano sempre, alle più disparate latitudini e longitudini, gli stessi elementi ricorrenti: inizialmente una violenza e disordine generalizzati (peste, incesti, parricidi, ecc.); la delineazione di un colpevole; l’eliminazione del colpevole tramite un sacrificio; la ricomposizione dell’ordine e la riappacificazione della comunità; il ritorno sacralizzato della vittima in veste positiva.

A questo punto Girard ha gli elementi per proporre una nuova teoria del sacrificio. La struttura antropologica umana basata sul desiderio mimetico conduce diritto ad una violenza generalizzata. All’inizio della storia, le prime comunità umane devono aver sperimentato in maniera distruttiva l’escalation della violenza generata dall’escalation dei desideri mimetici tra i membri della comunità. Poco alla volta queste comunità primitive hanno cominciato a sperimentare che alcuni fatti erano in grado di riportare la pace azzerando la violenza indiscriminata: quando la violenza indifferenziata di tutti finiva per coalizzarsi contro un membro della comunità che casualmente, per certe sue caratteristiche, finiva al centro dell’attenzione violenta di tutti.

Avviene, in questo modo, una specie di transfert: la vittima che casualmente era finita al centro dell’attenzione violenta, aveva finito per polarizzare la violenza di tutti contro di sé, diventando la somma di tutti i mali e funzionando come una specie di parafulmine per tutti gli altri. La vittima finiva distrutta, ma la comunità si ritrovava momentaneamente sollevata dalla minaccia della violenza indiscriminata. Entra allora in funzione un secondo transfert: la ritrovata solidarietà viene accreditata alla vittima, la quale, se prima appariva come la somma di tutti i mali, ora appare come la causa della pacificazione.

Da questi eventi spontanei, pian piano si generano i riti: per prevenire l’insorgere della violenza si cominciò a ripetere l’evento che aveva riportato la pace, tramite una specie di simulazione dell’evento fondatore: il sacrificio, che doveva essere tanto più correttamente ripetuto quanto più da esso dipendeva l’ordine e la pace sociale. Tutta una serie rigorosa di regole e di divieti (i tabù) delimitano tempo e spazio del sacrificio della vittima, i quali assicuravano così pace e prosperità alla comunità.

Nasce in questo modo “il sacro”. Dalle vittime nascono le divinità ed è così spiegata la loro strana ambivalenza tra il malefico e il benefico. Il sacrificio diventa quindi la pietra angolare della cultura umana: esso è all’inizio l’unica possibilità di contenimento dei processi di violenza indiscriminata; esso è l’unico responsabile della generazione delle differenze all’interno della comunità che sono in grado di conservare l’ordine sociale; da esso nascono le varie espressioni culturali: il sistema politico (il potere della vittima differita), il sistema giudiziario (basato sulla regolazione della vendetta), il sistema economico (l’addomesticamento degli animali come vittime sostitutive), ecc.

In La violenza e il sacro dunque René Girard fa il suo secondo passo. In questo libro R.Girard non accenna mai alla letteratura biblica, né fa mai nessuna considerazione in merito al cristianesimo. In questa identificazione fra “sacro” e “violenza”, Girard fu avvertito come uno dei massimi rappresentanti del riduttivismo in campo religioso, riduttivismo sempre sentito anche in funzione anticristiana. Tanta parte del mondo culturale cristiano si sentì direttamente attaccato da questa presentazione così nuova e sconvolgente del “sacro”. Il mondo della cultura radicale invece credeva di aver salutato uno dei suoi massimi rappresentanti[6].

2.1.3 LA SVOLTA GIUDEO-CRISTIANA. Des choses cachées depuis la fondation du monde[7]

 Nel 1978, sei anni dopo il suo secondo capitolo della trilogia fondamentale, René Girard pubblica un nuovo libro con uno strano titolo: Des choses cachées depuis la fondation du monde. Questo libro svela compiutamente il pensiero dell’autore, offrendo la terza e definitiva acquisizione del suo pensiero, un pensiero che ha voluto offrire al pubblico attraverso tappe quasi decennali.

La nuova acquisizione di questo libro riguarderà il ruolo della letteratura giudaico-cristiana, precisamente gli scritti biblici, nella sua antropologia drammatica. Il volume si struttura attraverso tre “libri” che ripresentano e sviluppano i tre capitoli corrispondenti alla trilogia: il primo dedicato ad una “Antropologia fondamentale” nella quale riprende il discorso del libro precedente sul meccanismo sacrificale come fondamento del religioso e del culturale; il secondo dedicato a “La scrittura giudeo-cristiana”, nel quale presenta il discorso centrale di questa terza opera; il terzo centrato sulla “Psicologia interindividuale” dove riprende tutto il discorso elaborato nei suoi testi di critica letteraria, in stretta connessione con il tema psicoanalitico. In questo modo quindi questo terzo volume si presenta anche come una specie di summa del suo pensiero.

È nella seconda parte dunque che presenta il terzo corno del discorso, dopo la teoria del desiderio mimetico (primo corno) e dopo il discorso sul ruolo del sacrificio nella cultura umana (secondo corno). Il discorso qui è centrato sul rapporto fra mitologia e letteratura biblica. La bibbia e soprattutto i vangeli si presentano apertamente come il disvelamento della verità misconosciuta dalla mitologia, la verità dell’innocenza della vittima e quindi del ruolo fondatore della violenza per la cultura e le istituzioni umane.

Gli scritti giudeo-cristiani acquistano con questo terzo passaggio una centralità assoluta nell’evoluzione della cultura umana: sono essi in un certo senso il motore della storia, che spezza la menzogna mitologica (interpretazione della storia dalla parte della comunità violenta) e pone la società umana davanti ad una nuova tappa fondamentale della sua storia culturale caratterizzata dalla verità antropologica (interpretazione della storia dalla parte delle vittime). Questa rivelazione del meccanismo vittimario è assoluta nei vangeli, ma essa è preparata dalla letteratura dell’Antico Testamento.

Come si può bene immaginare questo terzo libro scioccò il mondo della cultura radicale che si sente a questo punto tradita da questa riaffermazione della centralità del messaggio cristiano. A partire da questo libro infatti René Girard pagherà, nel mondo accademico, lo scotto di questa sua audacia controcorrente rispetto alle mode e ai dogmi intellettuali della cultura dominante.

Ma anche dal punto di vista cristiano, in special modo cattolico, l’accoglienza non fu entusiasta come forse egli si sarebbe aspettato. In realtà la sua concezione del sacrificio, la sua lettura della Bibbia, dei Vangeli, della storia della Chiesa finiva con il porre molti problemi.

SCRITTI SUCCESSIVI

 Gli scritti successivi di Girard, paragonati all’entità dell’apporto di ciascuno di questi tre volumi che hanno finito per delineare in differita una sorta di antropologia drammatica, in cui solo alla fine si comprendono appieno le reali intenzioni dell’autore, sembrano non aver aggiunto niente di nuovo. Tutte le opere successive infatti, cercano di approfondire l’intuizione originaria che ha sviluppato nella sua trilogia, ritornando sugli stessi temi come a spirale, dove ad ogni ritorno (tornata) si avanza nell’approfondimento[8]. E che di intuizione originaria, continuamente rivisitata e approfondita, si tratta, lo afferma lo stesso Girard nel libro pubblicato nel 1994 “Quand ces choses commenceront” e mai tradotto in italiano:

«In questi ultimi tempi, sono forse avanzato in certe formulazioni … Tutto mi si è presentato nel 1959. Sentivo che c’era là un blocco nel quale io sono penetrato poco a poco. Era tutto interamente là in partenza, tutto insieme. È per questo che non ho alcun dubbio … Non c’è un ‘sistema Girard’. Io continuo a sfruttare una intuizione unica, ma molto densa»[9].

I libri che seguono questa trilogia fondamentale sono dunque degli approfondimenti successivi e talvolta delle correzioni di rotta, come i testi di cui ci occuperemo.

Nel 1982 Girard pubblica Le bouc émissaire, (in italiano nel 1987 con il titolo Il capro espiatorio) in cui riprende la parte centrale del terzo libro della trilogia, la vera novità molto discussa sia dalla cultura radicale che dalla cultura teologica cattolica, e soprattutto approfondisce la sua interpretazione della vicenda di Cristo come disvelamento del meccanismo del capro espiatorio.

Tre anni dopo, nel 1985, pubblica un nuovo studio in cui mette a prova la sua lettura non sacrificale su di un classico dell’Antico Testamento, il libro di Giobbe: “La route antique des homme pervers” che sarà pubblicato in italiano quasi dieci anni dopo, nel 1994 con il titolo “L’antica via degli empi” . Giobbe, insieme ai canti del Servo di Yhwh (Isaia) sono i testi più vicini ai racconti della passione evangelici per quanto riguarda la rivelazione del meccanismo vittimario con la proclamazione della innocenza della vittima, pur mantenendo tracce scarificali nella proiezione, della violenza subita, ancora su Dio. Nel 1990 torna con un nuovo testo di critica letteraria, quello su Shakespeare, ad approfondire il discorso sul desiderio mimetico, elemento fondamentale della sua antropologia.

Nel 1994 pubblica una lunga intervista concessa a Michel Treguer, “Quand ces choses commenceront… Entretien avec Michel Treguer”, nella quale in forma discorsiva si ripercorrono un po’ tutte le tematiche, soprattutto sui punti più discussi della sua teoria. È l’occasione per alcune correzioni di tiro che vedremo in seguito. In questa intervista, incalzato dalle domande dell’intervistatore, per la prima volta René Girard accetta di parlare della sua esperienza di conversione avvenuta nell’inverno del 1959[10]. Nel complesso di tutto il libro del resto emerge, come forse non era mai emerso prima con chiarezza, come egli intenda la sua avventura intellettuale al servizio della fede cristiana[11].

Da questo momento in poi, come si può osservare nella tabella, molti dei testi pubblicati successivamente sono appunto delle raccolte di saggi originariamente pubblicati da Girard in altre lingue (in genere francese, inglese o tedesco), e che ora vengono tradotti perché siano resi disponibili nell’area linguistica del curatore, il quale vi fa precedere una introduzione che ne focalizzi la connessione con un determinato aspetto. Sono in questo modo apparsi in Italia negli ultimi anni, con cadenza annuale, “La vittima e la folla. Violenza nel mito e nel cristianesimo”, curato da Giuseppe Fornari nel 1998; “Il risentimento. Lo scacco del desiderio nell’uomo contemporaneo”, curato da Stefano Tomellieri nel 1999; “La pietra scartata. Antigiudaismo cristiano e antropologia evangelica” curato da Alberto Signorini nel 2000. Tutti e tre questi libri rendono disponibile al pubblico italiano articoli, saggi e interviste che potevano essere letti solo in altre lingue. Lo stesso del resto è avvenuto anche in Francia, dove nel 2001, è uscito il libro “Celui par qui le scandale arrive” che consiste in una raccolta di tre saggi, con una lunga intervista a René Girard concessa alla studiosa girardiana Maria Stella Barberi, titolare di Filosofia all’Università di Messina[12], ma impegnata anche alla Sorbona[13]. Tra questi saggi compare anche quello che risulta di massima importanza per questo lavoro, Teoria mimetica e teologia, in quanto in esso Girard perviene ad una “revisione critica” dei punti scottanti rimproveratigli da sempre dalla teologia cattolica[14].

Nel 1999 però era uscito un nuovo libro di Girard, subito tradotto nelle altre lingue (in italiano è apparso nel 2001): “Vedo Satana cadere come folgore”. Questo nuovo libro, fa parte di un nuovo progetto editoriale del nostro autore, il quale intende, in un continuo sforzo di chiarimento e di approfondimento, ripercorrere a ritroso il cammino della sua trilogia fondamentale. In questo nuovo progetto editoriale, la letteratura giudaico-cristiana e in particolare i Vangeli costituiscono il punto di partenza della sau riflessione. A ciò infatti è dedicato questo libro.

Nel 2000 viene pubblicato in portoghese, a Rio de Janeiro, e successivamente tradotto in inglese nel 2002 con il titolo “One Long Argument from Beginning to the End”, un nuovo interessante volume, composto, come la maggior parte dei suoi libri, in forma di dialogo tra Girard e due suoi interlocutori, Pierpaolo Antonello, docente di letteratura italiana contemporanea all’Università di Cambridge e João Cezar de Castro Rocha, docente di letteratura comparata all’Università di Rio de Janeiro. In traduzione italiana è apparso nella seconda metà del 2003 con il titolo “Origine della cultura e fine della storia”[15]. In esso viene ripreso e sviluppato uno dei capitoli più “affascinanti”[16] del classico Delle cose nascoste: il 3° capitolo della prima parte, dedicato al processo di ominizzazione. Questo nuovo libro ha l’ambizione di presentare Girard come «il Darwin delle scienze umane»[17].

È infine appena uscito in Francia (fine 2003), pubblicato dalla Bibliothèque nationale de France, l’ultimo libro di René Girard in ordine di tempo, Le sacrifice,  nel quale l’autore riprende, da un nuovo punto di vista, il grande tema da sempre al centro della sua opera: il meccanismo della persecuzione e del sacrificio. La sua analisi interroga la più potente riflessione religiosa sul processo sacrificale, quella dell’India vedica, comparandola alla tradizione della Bibbia e del Vangelo e mostrando come i tratti comuni nelle due tradizioni consentano di far luce sulla pratica e sul rito del sacrificio.

Claudio Tugnoli, nel suo libro, Girard. Dal mito ai Vangeli, in una amplissima biografia, nella sezione dedicata alle “opere di Girard in ordine cronologico” presenta, accanto alle opere principali da me qui presentate, altri 63 titoli relativi ad articoli, saggi ed interviste concessa da Girard nei vari paesi a lui interessati[18]. Sono evidenti due rilievi da fare: da una parte lo sforzo incessante dell’autore ad approfondire con movimento “a spirale” la sua intuizione originaria[19]; dall’altra una crescita di interesse nei suoi confronti che si è accentuata soprattutto negli ultimi anni, come si può notare anche scorrendo la bibliografia riportata in fondo al presente lavoro. Per quanto riguarda il primo rilievo, più direttamente concernente l’evoluzione del pensiero di Girard, scrive Aldo Natale Terrin: “In realtà a Girard sarebbe necessario dedicare uno spazio molto più ampio anche a seguito delle modifiche che l’autore stesso portò via via, col passare del tempo, al suo pensiero”[20]. Per quanto riguarda il secondo rilievo, occorre ricordare che nel 1994 è stato fondato il COV&R (Colloquium on Violence and Religion), accademia internazionale di studi girardiani, a cui attualmente aderiscono circa 200 studiosi di vari discipline.

A partire dal terzo volume della sua trilogia, Des choses cachées depuis la fondation du monde, il cui titolo è una citazione di Mt 13,35, Girard continua a intitolare i suoi libri con frasi bibliche. I suoi libri si concentrano sempre più sulla “parte” biblica della sua teoria mimetica, e ormai non parla d’altro che di scritti biblici. Egli si sente sempre più un “apologeta del cristianesimo”, ruolo che non vuole dissimulare, ma che intende “rivendicare senza mezzi termini”[21].

Forse vale per questo la pena di spendere qualche pagina per delineare anche lo spirito che lo guida in questo suo incessante lavoro e che lo porta, all’età di ottant’anni, a non essere ancora soddisfatto, a voler ricominciare daccapo: si avverte dietro tutto questo il senso di una missione da compiere.

 



[1] J. WILLIAMS, René Girard. A Biographical Sketch, in R. GIRARD, The Girard Reader, Crossroad Herder Book, New York, 1996 p. 5.

[2] S. TOMELLIERI, nel suo volume René Girard. La matrice sociale della violenza, parla di “trilogia teorica” comprendendo in essa La violenza e il sacro, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo e Il capro espiatorio. Tuttavia a me sembra più logica la mia proposta che parla di “trilogia fondamentale” a partire da Menzogna romantica e verità romanzesca, in quanto è appunto da questo primo lavoro che prende le mosse la ‘teoria mimetica’.

[3] R.GIRARD, Mensonge romantique et verité romanesque, Grasset, Paris 1961; trad. it. di L. Verdi-Vighetti, Menzogna romantica e verità romanzesca, Bompiani, Milano, 1965; nuova edizione 2002

[4] R.GIRARD, The Girard Reader, p. 2

[5] R. GIRARD, La violence et le sacré, Grasset, Paris 1972; trad. it. di O. Fatica ed E. Czerkl, La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1980

[6] Alla pubblicazione di ‘La Violence et le Sacré’ (1972, premio dell’Accademia francese) l’antropologo Georges-Hubert De Radkowski ebbe a scrivere su Le Monde : «L’anno 1972 dovrebbe essere contrassegnato in modo particolare con una croce bianca negli annali delle scienze dell’uomo: ‘La Violence et le Sacré’ di René Girard è non solo un gran bel libro, ma un libro unico. Unico, perchè ci offre finalmente la ‘prima teoria’ realmente atea del religioso e del sacro»

[7] R. GIRARD, Des choses cachées depuis la fondation du monde. Recherches avec Jean Michel Oughourlian et Guy Lefort, Grasset, Paris 1978; trad. it. di R. Damiani, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Adelphi, Milano 1° ed. 1983, 2° ed. 1996

[8]  « Cette tendence à la spirale est constante dans mon travail » R. GIRARD, Celui par qui le scandale arrive, Desclée, Paris 2001, p. 97

[9] R. GIRARD, Quand ces choses commenceront … Entretiens avec Michel Treguer, Arléa, Paris 1994, p.189-190

[10] Ivi, pp.190-195

[11]  Ivi, p. 62

[12]  Maria Stella Barberi, presso la Facoltà di Scienze Politiche di Messina, ha la Cattedra di Filosofia delle Scienze Sociali. Nell’anno accademico 2002/2003 ha tenuto un Corso di Antropologia Culturale nel quale il testo consigliato è quello di Girard, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo parte I e III.

[13] Nel 2001 sono usciti in Francia due libri di e su Girard, curati da lei: R. GIRARD, Celui par qui le scandale arrive, Desclée, Paris 2001; e M.S. BARBERI (a cura di), La Spirale mimétique, Desclée, Paris 2001

[14] R. GIRARD, Théorie mimétique et théologie” in “Celui par qui le scandale arrive” Desclée, Paris 2001, pp. 63-82

[15] R. GIRARD, Origine della cultura e fine della storia. Dialoghi con Pierpaolo Antonello e João Cezar de Casrto Rocha, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003

[16] Così lo definisce H.U.Von BALTHASAR, Teodrammatica, vol. IV L’Azione: soteriologia nella storia, Jaca Book, Milano 1986 p. 282

[17] Ivi, Introduzione p. XVI Oltre alla prima parte del titolo “Origine della cultura” che lo accosta al classico darwiniano “Origine della specie”, tutti i sette capitoli del libro, compresa l’introduzione, sono aperti con una frase di Charles Darwin.

[18] C.TUGNOLI, Girard. Dal mito ai Vangeli, Messaggero Padova 2001, pp. 229- 238

[19] cfr note 16 e 17

[20] A.N.TERRIN, Il Rito. Antropologia e fenomenologia della ritualità. Morcelliana, Brescia 1999 p. 91

[21] R.GIRARD, Vedo Satana cadere come folgore, Adelphi, Milano 2001, p. 22

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