Alice Lenshina

Una rivoluzione femminile al suono dei tamburi. La profetessa Alice Lenshina, ultima regina d’Africa[1]

Nei cinque anni che ho trascorso in Zambia come volontario, sono stato colpito da molte cose, ma da una in particolare: l’amore delle popolazioni locali per il canto. Le celebrazioni liturgiche cattoliche in lingua Bemba erano ogni domenica un avvenimento da vivere: per ore la gente non si stancava di cantare le loro canzoni dalle dolcissime e cantilenanti melodie; quelle chiese pienissime di gente  risuonavano  talmente di questi canti, che anche il più freddo miscredente si sarebbe lasciato percorrere da un brivido di emozione religiosa. Insieme ai canti, la percussione dei tamburi  e le danze del coro, a volte dell’intera assemblea; nelle occasioni solenni e quando ad officiare era un prete africano, lo stesso celebrante percorreva tutta la navata della chiesa fino all’altare al passo di danza cadenzato dal ritmo dei tamburi. Sapevo che questo stile di ‘messa africana’ era un ‘prodotto nuovo’ delle missioni, che negli anni cinquanta e ancora negli anni sessanta non era così, che esso era il frutto delle nuove impostazioni teologiche provenienti dal Concilio Vaticano II e pensavo a volte a come delle idee maturate nel chiuso dei fortilizi del pensiero potessero incarnarsi a tal punto in una realtà popolare. Mi sbagliavo. Quella davvero full immersion nella cultura Bemba (con i suoi canti, la sua musica e le sue danze) che facevo ogni domenica in Zambia, non era in primo luogo il frutto delle strategie introdotte dai missionari europei a seguito del Concilio Vaticano II; era invece principalmente il portato dell’esperienza mistica di una ‘semplice donna di villaggio’ che diceva di essere morta e risorta e di aver incontrato in visione Gesù Cristo che le aveva insegnato a cantare la sua fede africana e cristiana sulle melodie ancestrali, le stesse con le quali un tempo si cantavano le gesta dei Chitimukulu o si partecipava ai diversi riti della religione tradizionale. Alice Lenshina, illetterata quanto a ‘cultura europea’, ma “ricca della sua cultura africana”, grazie alla sua intensa esperienza religiosa, era riuscita a toccare le corde profonde della sua gente offrendo loro una sua interpretazione, senz’altro incompleta, ma profondamente africana, del cristianesimo, fino a quando sovrapposizioni di carattere politico non finirono per interrompere violentemente la storia del suo movimento. La Chiesa Lumpa infatti fu violentemente soppressa nel 1964, ma alcune sue intuizioni sono state riprese dalle altre chiese, comprese le chiese storiche, come appunto la Chiesa Cattolica.

Ma chi era Alice Lenshina? Essa si chiamava in realtà Mulenga Lubusha ed aveva circa trent’anni, nel settembre del 1953, al tempo della sua esperienza mistica. Apparteneva ad una famiglia imparentata con il clan reale del popolo Bemba. Suo padre, un poligamo, era il nipote per linea paterna (quindi una linea minore in una società matrilineare) di un Chitimukulu, il capo supremo dei Bemba. Nel 1953 viveva con suo marito e i suoi cinque figli nel villaggio materno di Kasomo (i Bemba sono uxorilocali), a poche miglia da Lubwa. Prima della visione, Mulenga Lubusha era stata catecumena presso la missione presbiteriana di Lubwa, ma ne aveva abbandonato le istruzioni per negligenza. I suoi genitori erano entrambi ‘pagani’; lei quindi, pur avendo avuto contatti con la missione cristiana, proveniva da una famiglia ancora legata alla religione tradizionale, tanto più in quanto imparentata con il clan reale: basti pensare che ci vorrà quasi un secolo di contatto con il cristianesimo perché un primo capo Bemba si facesse battezzare, nel 1991! L’avvenimento centrale della vita di Mulenga Lubusha, è rappresentato dalla sua straordinaria esperienza religiosa, che la futura profetessa affermava di aver vissuto in uno stato di morte da cui sarebbe poi risorta; una esperienza visionaria nella quale credeva di aver visto e parlato direttamente con Lesa[2].

L’Africa per molti aspetti è ancora un continente sconosciuto; la sua storia è quasi del tutto assente nell’editoria e nella pubblicistica italiana. La storia della profetessa Lenshina che qui vi presento e di cui non c’è traccia alcuna in lingua italiana, è posta sul confine tra la fine dell’epoca coloniale, caratterizzata dalla lotta per l’indipendenza, e la storia post-coloniale, caratterizzata dalla conquista dell’indipendenza stessa. Una storia ambientata nello Zambia, ex Rodhesia del Nord, che vede come protagonisti di primo piano una movimento religioso, la Chiesa Lumpa, sorto attorno alla profetessa, e un movimento politico, lo UNIP, sorto attorno ad un leader politico, Kenneth Kaunda. I due leader condividono a loro modo la stessa passione per l’indipendenza africana, la stessa età (entrambi nati nel 1920), la stessa cultura Bemba e la stessa provenienza, la missione presbiteriana di Lubwa; ma sono divisi dal loro approccio diverso all’incontro fra Occidente e Africa. Alice Lenshina, da analfabeta, guarda il mondo con gli occhi della sua cultura ancestrale ‘olistica’, anche se già sincretizzata con i nuovi valori portati dai missionari, ma ancora dominante nelle menti della maggioranza della popolazione della Rodhesia del nord degli anni cinquanta. Kenneth Kaunda è un ‘educated’, possiede una istruzione scolastica superiore e guarda il mondo con le lenti della politica occidentale di tipo nazionalistico. In questa storia si confrontano, in un parallelismo stretto, l’approccio religioso e l’approccio politico alla lotta anticoloniale; dove però le categorie del ‘religioso’ e del ‘politico’ emergono storicisticamente dal processo stesso, a partire dal comune sfondo ‘olistico’ della cultura ancestrale per la quale politica e religione erano fuse insieme in un unico sistema simbolico mitico-rituale, e la cui distinzione è stato un prodotto dell’impatto della cultura occidentale portata dagli europei, che impone ai movimenti popolari la forma di ‘chiesa’ (come nel caso del movimento Lumpa) o la forma di ‘partito’ (come nel caso dello UNIP).

Il movimento o Chiesa Lumpa nasce per impulso della straordinaria esperienza religioso-visionaria, accaduta, nel settembre del 1953, a Mulenga Lubusha, battezzata con il nome di Alice dai missionari presbiteriani ai quali si era inizialmente accostata, ma chiamata ben presto “Lenshina”, ‘regina’ dai suoi entusiasti seguaci, una volta ‘messasi in proprio’. Il movimento ebbe un iniziale sviluppo travolgente: sorto nel 1953, già nel 1958 poteva contare sulla fedeltà di non meno di 200.000 persone. In quello steso anno però sorgerà il movimento rivale dello UNIP (United National Independence Party) di stampo nazionalistico che tenterà di contendergli lo stesso territorio e le stesse persone, generando un conflitto che porterà nell’agosto del 1964, alla soppressione violenta della Chiesa Lumpa una volta che il  movimento nazionalistico avrà conquistato il potere. Per i seguaci della profetessa Lenshina, lasciata languire e morire in prigione nel 1978, inizierà un lungo periodo di esilio e di resistenza che li condurrà alla trasformazione del movimento verso una piccola Chiesa Indipendente Africana, presente ancora oggi nel paese con il nome di New Jerusalem, visto che “Lumpa” è tutt’ora parola bandita nello stesso Zambia di oggi.

Sorto come scissione da una missione presbiteriana scozzese, il movimento fin dall’inizio si struttura attorno a delle intuizioni base che sincretizzano il cristianesimo missionario con la cultura ancestrale Bemba –  la popolazione dell’altopiano, grande quanto tutto il nord Italia, posto tra i grandi laghi Tanganika, Nyassa, Bangwelo e Mweru – in particolare il recupero della tradizione musicale e canora ancestrale attorno alla prolifera produzione di inni che accompagnerà la profetessa lungo tutta la sua storia e che costituiranno il principale mezzo comunicativo del movimento; e il recupero della tradizionale lotta antistregonesca sincretizzata in senso cristiano con la sostituzione della confessione personale richiesta a tutti in luogo dell’accusa rivolta a qualcuno e la realizzazione di uno spazio permanente millenaristicamente libero dal male, la chiesa appunto. Il movimento divampa, in pochi anni raggiunge una vasta area, travalicando i confini delle popolazioni che parlavano la lingua bemba, diventando un fenomeno interetnico regionale e svuotando le missioni sia protestanti che cattoliche. Questo successo travolgente innesca una meccanismo di rivalità, insito nella stessa denominazione del movimento (‘lumpa’ significa ‘migliore’), con gli altri soggetti del territorio: oltre le chiese missionarie (alle quali sottrae i fedeli), al sistema dei capi tradizionali (sostituendosi ad essi con il proprio network territoriale); alle autorità coloniali (di cui non riconosceva l’autorità se non forzatamente) e infine allo stesso movimento nazionalista che prenderà il potere (al quale oppone un diverso progetto di ricostruzione sociale). Soprattutto il conflitto con quest’ultimo fu generato da una dinamica di feroce rivalità in quanto in fondo lottavano per lo stesso obiettivo (l’affrancamento dal potere europeo) ma con prospettive diverse (quella religiosa e quella politica) la cui gestazione differente era dovuta  essenzialmente alla diversa soggettualità di partenza (la massa analfabeta – soprattutto femminile – nutrita dalla cultura tradizionale appena sincretizzata con i nuovi valori; l’élite intellettuale – soprattutto maschile – che si rifaceva ampiamente alla cultura politica insurrezionistica di stampo occidentale. Questa rivalità condusse ad una forte sottolineatura millenaristica della Chiesa Lumpa (che cominciò a costituirsi in comunità separata anche fisicamente con i propri villaggi) nel mentre il movimento politico arrivava alla conquista del potere e alle responsabilità nazionali. Ne seguì una feroce repressione che però invece di ottenere la definitiva scomparsa del movimento religioso, innescò, nei superstiti della violenta repressione, una dinamica di resistenza attraverso un esodo dal sapore biblico e un lungo periodo di esilio in Congo, nella regione limitrofa del Katanga, terminato negli anni novanta con la caduta del regime nazionalista di Kaunda e dello UNIP, il movimento rivale. Tale resistenza e persistenza ha finito per generare un’altra delle tante AIC (African Independet Churches) presenti oggi in Zambia

Molti studiosi, da diversi punti di vista si sono occupati della vicenda Lumpa nell’area sia anglofoba che francofona. Si è potuto così registrare un ampio dibattito attorno al modo di interpretare questo movimento. Il tipo di lettura ovviamente risente della propria impostazione sia ideologica che disciplinare; il sociologo, lo storico, il teologo, il missionario: ognuno rilegge la storia dal suo angolo visuale e può gettare una particolare luce sulla stessa vicenda analizzata. E’ così senz’altro per le letture di carattere ‘sociologico’ perché certamente la vicenda si inserisce nelle pieghe delle trasformazioni socio-culturali causate dall’avanzata dell’economia capitalista che il colonialismo introduce direttamente o indirettamente anche nelle più remote regioni dell’Africa; lo è anche per la prospettiva ‘culturale’ che preferisce piuttosto l’analisi della trasformazione sociale indotta dall’acculturazione ‘scolastica’ che finisce per provocare in fondo il passaggio dalla oralità alla scrittura con i relativi e conseguenti squilibri sociali. Ci avviciniamo di più alle problematiche tipiche della storia delle religioni con chi motiva piuttosto, in questa vicenda,  l’emergere del protagonismo femminile con una puntuale analisi etno-antropologica delle trasformazioni religiose intercorse nella regione, o con chi, nella sua lettura, privilegia la categoria della ‘guarigione’ intesa come ‘guarigione sociale’. Infine in questa vicenda incontriamo anche il tema ‘caldo’ del fondamentalismo, o meglio al plurale, dei fondamentalismi, con la loro calibratura incerta fra politica e religione, il loro manicheismo, millenarismo e predilezione per la violenza.

C’è però un aspetto poco trattato dai diversi autori che pur si sono occupati estensivamente della presente storia, ed è quello del sincretismo di Lenshina e della sua chiesa, della sua simbologia e delle tematiche che da esso emergono. Se analizziamo i molteplici e suggestivi racconti della esperienza visionaria della profetessa Alice Lenshina, le prime relazioni sulle sequenze rituali del culto iniziale e sulle regole che la Chiesa Lumpa si era data sin dai suoi albori, scorgiamo in atto un processo sincretico storicamente in evoluzione tra la polarità ancestrale  e quella cristiana. Ciò è particolarmente evidente attraverso la decodificazione di alcuni simboli fondamentali ricorrenti: l’albero, il fiume e il libro, attraverso i quali si esprime le tre stratificazioni di questo sincretismo, corrispondenti alle tre stratificazioni socio-culturali intercorse negli ultimi secoli nella regione in questione, l’antico strato delle popolazioni autoctone Bashimatongwa, sul quale si era dapprima innestata la conquista della potente etnia Bemba proveniente dal Congo ed infine la colonizzazione degli Europei. Un sincretismo che, seguendo un percorso quasi biografico della profetessa affonda le sue radici nella spiritualità carismatica della religione tradizionale degli ngulu, spiritualità di ‘possessione’ fondata su quella ‘pietra’ della società matrilineare che è la donna come mediatrice della trascendenza (sostrato Bashimatongwa); passa per il recupero di una nuova mitologia fondatrice intesa a riconquistare l’integrità di una nuova comunità e di un nuovo territorio, mitologia che si richiama alla tradizione del culto regale (centrato sull’organizzazione della comunità) per sostituirlo (sostrato Bemba); approda ad un radicalismo cristiano di marca protestante (sostrato europeo) che si pone in antitesi non solo con la società coloniale (l’aspetto nativista e anti-europeo del movimento), e con il mondo missionario (l’aspetto indipendentista e anti-missionario), ma anche con la società tradizionale africana (l’aspetto riformista e anti-tradizionale) e la presunta nuova società zambiana del partito nazionalista che agli occhi Lumpa appariva invece solo una continuazione della crisi ingenerata dal colonialismo perché ne ereditava la cultura. Approdo ancor più sottolineato dalle vicende successive (esodo, esilio, ritorno) che finiranno per presentarci una delle tante chiese indipendenti africane di stampo protestante, dove però il legame ‘religioso’ ha sostituito lo stesso legame etnico, facendo della chiesa  una sorta di nuova etnia, i Bena Lesa (la tribù di Dio), che cerca di inserirsi nella nuova società zambiana di oggi come una delle tante soggettività presenti; da una parte come per una sorta di secolarizzazione della precedente impostazione millenaristica; dall’altra nell’alveo della montante ondata carismatico-pentecostale che appare come la caratteristica principale dell’attuale scenario storico-religioso africano, nel quale questa ventata carismatica si fa interprete del generale disagio delle società post-coloniali e delle loro enormi contraddizioni.

La storia del movimento e della Chiesa Lumpa ci presenta in maniera esemplare il processo caratteristico agli innumerevoli movimenti africani che da movimenti profetici social-religiosi, studiati per primo negli anni sessanta da Vittorio Lanternari, passano progressivamente a trasformarsi nelle chiese indipendenti africane di stampo pentecostale di oggi. Si tratta di un processo generale che ha interessato il passaggio, in Africa, dall’epoca coloniale a quella post-coloniale e contemporanea.

 



[1] La profetessa Alice Lenshina, ultima regina d’Africa, in Cultura e Prospettive, supplemento a Il Convivio, Ottobre –  Dicembre 2009, n. 5, pp. 60-63. Cfr. Franco Pignotti, La Chiesa Lumpa dello Zambia. Per un approccio storico-religioso. Tesi di laurea magistrale in Scienze Storico religiose, Università La Sapienza, Roma 2008. Idem, Regina d’Africa. La profetessa Alice Lenshina e la Chiesa Lumpa dello Zambia, in D. Visca (a cura di), Eppur che son donne. Protagoniste dell’etnologia religiosa. Bulzoni, Roma 2010, pp. 169-236

[2] Dalla Introduzione alla tesi di laurea magistrale in Scienze Storico-Religiose presso l’università La Sapienza di Roma“La Profetessa Alice Lenshina e la Chiesa Lumpa dello Zambia”.

 

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